Giovanna d’Arco di Giuseppe Verdi è l’opera inaugurale della prima stagione musicale del Teatro alla Scala guidata dalla bacchetta di Riccardo Chailly.
Noi abbiamo assistito alla “primina”, l’Anteprima riservata ai giovani che ogni anno permette agli under30 di poter vivere l’emozione dell’inaugurazione di stagione ed ecco cosa ne pensiamo.
Di certo non siamo davanti alla più celebre, o alla migliore, delle partiture verdiane. Scritta nel 1845, nel fulcro dei cosiddetti anni di galera in cui Verdi si trova a lavorare notte e giorno per sbarcare il lunario, la nostra Giovanna ha avuto fortuna altalenante. Accolta con grande successo alla Scala fin dalla prima, rimarrà in repertorio per circa vent’anni con due riprese scaligere nel 1858 e nel 1865 per poi scomparire dal cartellone fino ad oggi. I motivi per questo “divorzio” di Giovanna d’Arco dal pubblico sono numerosi. Sin dall’inizio la censura non vede di buon occhio la figura di Giovanna, tanto da obbligare Verdi e il librettista Temistocle Solera a correggere alcune scelte linguistiche per rendere meno espliciti i riferimenti alla verginità della pulzella d’Orléans. A Roma e Napoli per poter essere rappresentata la vicenda viene addirittura anticipata temporalmente di due secoli e ribattezzata Orietta di Lesbo. Non meno importanti sono le mancate aspettative del pubblico. Il titolo Giovanna d’Arco evocava (ed evoca ancora oggi) una grande vicenda storica corale, una storia di libertà e di attaccamento patriottico, ma la Giovanna verdiana non è nulla di tutto ciò. Troviamo nell’opera il Verdi intimo e familiare delle opere successive, concentrato sul rapporto tra Giovanna e il padre Giacomo, anticipatori di altre celebri coppie verdiane di padri e figli/e (Miller e Luisa, Rigoletto e Gilda, Germont e Alfredo, solo per citarne alcuni). Lontani sono gli echi delle battaglie, mentre a farla da padrone sono i momenti solistici dei tre protagonisti.
Con aspettative piuttosto alterne ci siamo quindi avvicinati a questa Giovanna scaligera portata in scena da Anna Netrebko (Giovanna), Francesco Meli (Carlo VII) e Devid Cecconi (Giacomo) diretti da Riccardo Chailly e con la regia del duo Moshe Leiser e Patrice Caurier. Aspettative ripagate? Diremmo solamente in parte. Giovanna non stupisce per la sua musica coinvolgente, né per la sua trama che drammaturgicamente fatica a stare in piedi, ma la Scala riesce comunque a proporre un spettacolo di grande interesse al suo pubblico. A renderlo tale sicuramente le buone performance dei tre solisti principali e un’ altrettanto buona esecuzione da parte dei complessi scaligeri; ma è, a nostro avviso, soprattutto la regia del duo belga-parigino a impreziosire questa prima. Svincolata dall’ambientazione originaria nella Francia del 1429, Giovanna è rappresentata come una ragazza pazza che vaneggia nella propria camera in un istituto psichiatrico. Giovanna sogna e vede dipanarsi attorno a sé la vicenda della pulzella d’Orléans, rivista e corretta da Temistocle Solera. Sogna di essere Giovanna e di vivere il profondo disagio tra l’attrazione verso Dio che la vuole salvatrice di Francia e pura (come desiderato anche dal padre) e l’attrazione per l’amore sensuale rappresentato da Carlo VII, un re dorato che si innamora di lei e la tenta col suo affetto. Trova finalmente senso in questo modo l’intreccio drammaturgico illogico pensato da Solera. Visivamente il tutto è reso in modo molto suggestivo. La camera di Giovanna è una sorta di scatola magica dalle cui pareti si materializzano sogni e incubi della nostra eroina: i demoni che la tentano, gli angeli che cercano di salvarla, il popolo francese che la invoca e l’esercito inglese che la odia, oltre a tutti gli altri personaggi dell’opera; le pareti di questa stanza trovano un’ulteriore funzione ospitando le proiezioni che ci mostrano i reali sentimenti e pensieri di Giovanna. Alla fine dell’opera questa scatola magica si richiude ritornando allo stato originale: la stanza del manicomio in cui Giovanna è rinchiusa e in cui spira in preda ai suoi deliri, tra le braccia del padre che ha provato a comprenderla, ma senza riuscirci davvero.
Se l’opera in sé non ci ha emozionato, ci ha pensato lo spettacolo ad offrirci un alto momento di teatro. Unica nota stonata, la scelta di far “doppiare” il baritono Carlos Alvarez indisposto dal giovane Devid Cecconi, nascosto in un angolo del palcoscenico mentre Alvarez sosteneva la parte registica. Il giovane baritono fiorentino avrebbe meritato di calcare propriamente la scena, come poi ha fatto alla prima del 7 dicembre. I guai scaligeri delle sostituzioni all’ultimo minuto sembrano non aver fine.
Oltre all’anteprima dedicata a giovani under 30 e alla prima del 7 dicembre, Giovanna d’Arco sarà replicata il 10, il 13, il 15, 18, il 21, il 23 dicembre 2015 e il 2 gennaio 2016.
Inoltre, Rai 5, oltre ad aver trasmesso la diretta dello spettacolo il 7 dicembre la trasmetterà in replica il 13 dicembre alle ore 10.00 e il 15 dicembre alle ore 16.00.
Giovanna d’Arco
Musica di Giuseppe Verdi
Libretto di Temistoche Solera, tratto da Die Jungfrau von Orléans di Friedrich Schiller
Carlo VII Francesco Meli,
Giovanna Anna Netrebko, (4, 7, 10, 13, 15, 18, 21, 23 dicembre) – Erika Grimaldi (2 gennaio)
Giacomo David Cecconi, (4, 7, 10, 13 dicembre) – Carlos Alvarez (15, 18, 21, 23 dicembre e 2 gennaio)
Talbot Dimitry Beloselskiy
Delil Michele Mauro
Coro e Orchestra del Teatro alla Scala
Direttore Riccardo Chailly
Maestro del Coro Bruno Casoni
Regia Moshe Leiser e Patrice Caurier
Scene Christian Fenouillat
Costumi Agostino Cavalca
Luci Chrisophe Forey
Video Etienne Guiol
Movimenti coreografici Leah Hausman