Dopo l’inaugurazione straordinaria, e forse un po’ troppo frettolosa, dello scorso 26 aprile con le due mostre organizzate in occasione di Expo 2015: Africa. La terra degli spiriti, e Mondi a Milano. Culture ed esposizioni 1874-1940. Il 27 ottobre scorso ha finalmente riaperto, a pieno ritmo, il più nuovo dei musei civici milanesi, il MUDEC, presentando finalmente (oltre a due grandi mostre temporanee: Barbie. The Icon e Gauguin. Racconti dal Paradiso di cui parleremo in seguito) l’esposizione di parte della collezione permanente di arte extraeuropea di proprietà del Comune di Milano con il titolo Oggetti d’incontro (di questa parleremo in un post prossimamente) oltre ad una piccola ma interessante mostra dedicata ai designer e artisti tedeschi Anni e Josef Albers, dal titolo A Beautiful Confluence.
L’area dell’ex Ansaldo
Le vicende che hanno portato alla nascita del MUDEC nell’area dell’ex Ansaldo di via Tortona prendono il via verso la seconda metà degli anni ‘80, quando le officine dell’Ansaldo chiusero i battenti; tuttavia già nel 1985 i grandi spazi di via Tortona ospitarono un importante evento culturale: i grandi spazi industriali si trovarono ad ospitare il grande spazio musicale ligneo progettato appositamente da Renzo Piano per ospitare la prima esecuzione della versione definitiva del Prometeo di Luigi Nono, diretto da Claudio Abbado. Le officine dell’Ansaldo di via Tortona chiusero definitivamente l’anno successivo nel 1986. Fu solo nel 1990 (dopo che nel 1989 i grandi spazi di via Tortona ospitarono il congresso del partito socialista guidato allora da Bettino Craxi) che l’intero complesso divenne proprietà del Comune di Milano con il vincolo di convertire l’intera area ad uso culturale. Nel 1993 il Teatro alla Scala si aggiudicò un primo bando per la realizzazione in sette dei padiglioni di via Tortona dei propri laboratori teatrali e di una sala prove, entrati regolarmente in funzione solo nel febbraio 2001.
Nel luglio del 1999 il Comune di Milano decise di indire un concorso internazionale per la progettazione di una cittadella della cultura dove avrebbero trovato collocazione: un nuovo museo archeologico, un museo delle culture extraeuropee, la sede del CASVA, la scuola di cinema, televisione e nuovi media e il laboratorio del F.lli Colla. Il concorso fu vinto dall’allora emergente architetto David Chipperfield.
Tra una lungaggine e l’altra, legate ai finanziamenti, ai cambi di giunta e al prolungarsi della bonifica del terreno, i lavori veri e propri partirono solo nel 2010.
L’edificio
Il progetto firmato da Chipperfield e risultato vincitore del concorso del 1999 fu scelto per la capacità di integrare il nuovo edificio con le preesistenze storiche, infatti si immaginò sin dall’inizio di rispettare integralmente l’edificio affacciato su via Tortona, collocandovi, oltre al museo archeologico, la sede delle varie istituzioni culturali che rientravano nel bando, il nuovo edificio avrebbe ospitato esclusivamente il museo etnografico.
L’edificio pensato da Chipperfield si inserisce perfettamente all’interno del contesto industriale dell’Ansaldo e si cela fino all’ultimo momento al visitatore. L’edificio si presenta esternamente come un insieme di corpi squadrati ricoperti da una pelle di zinco e affiancati uno sopra l’altro dai quali emerge al centro il corpo principale dalla forma irregolare, che può ricordare quella di un fiore in cristallo che delimita la grande Agorà centrale del museo e che è esternamente illuminata 24 ore su 24.
Un grande atrio dal soffitto cassettonato accoglie il visitatore al piano terra del museo e lungo il suo perimetro sono ospitati la quasi totalità dei servizi (caffetteria, bookshop, aule didattiche, guardaroba, biglietteria e le sedi di alcune associazioni culturali). Il grande scalone centrale conduce il visitatore direttamente nel mezzo dell’Agorà vetrata sita al primo piano, vero cuore del museo. La grande cortina polilobata di vetro divide la luminosissima piazza coperta dai corridoi di accesso agli enormi saloni espositivi (i soffiti di alcune sale arrivano a toccare quasi i 9 metri d’altezza) e all’auditorium (che può ospitare fino a 300 persone). L’area espositiva è suddivisa tra il Comune di Milano e il 24 Ore Cultura. Il Comune nei suoi circa 730 mq di competenza ha allestito un percorso espositivo composto da circa 200 tra manufatti ed opere d’arte di culture extraeuropee proveniente dalle fondi etnografici del Comune. Nel circa 1900 mq gestiti dal 24 Ore Cultura verranno allestite a grandi mostre temporanee incentrate “sui temi dell’interculturalità e della contaminazione tra generi culture e arti.” Il secondo (e ultimo) piano del museo ospita invece un elegante ristorante dalle cui vetrate è possibile cogliere alcuni scorci inediti dell’edificio
Al piano terra, ma ben celato alla vista del pubblico si trovano situati i laboratori di restauro e il grande deposito del museo che ospita più di 8000 opere provenienti dalle collezioni etnoantropologiche del Comune di Milano. I depositi, ordinati secondo un criterio geografico, sono stati pensati per essere visitabili da piccoli gruppi di visitatori, previo appuntamento. Infine concludono l’edificio due piani interrati destinati a parcheggio.
A questo punto non possiamo non spendere qualche parola sulle polemiche scoppiate in seguito alla dura presa di posizione di Chipperfield che aprile (a pochi giorni dall’apertura del museo) decise di non firmare il progetto a causa di alcuni difetti nelle finiture (in particolare nella posa dei pavimenti). Le ragioni dell’architetto britannico sono sacrosante e gli errori, facilmente visibili da qualsiasi visitatore, sono stati ammessi anche dal Comune, tuttavia abbiamo l’impressione che la questione poteva essere più semplicemente risolta senza arrivare ad un gesto così plateale, visto che per stessa ammissione dell’architetto britannico la realizzazione dell’edificio ha rispettato appieno la sua idea iniziale. Non ci resta che sperare in una rapida riconciliazione tra le parti che porti alla risoluzione di una situazione imbarazzante per tutti.
Gauguin. Racconti dal Paradiso
Tra le varie mostre, attualmente ospitate al MUDEC a nostro avviso la più interessante è quella dedicata a Gauguin.
La mostra a cura di Line Clausen Pedersen e Flemming Friborg (rispettivamente curatore capo e direttore della Ny Carlsberg Glyptotek di Copenaghen) presenta al pubblico milanese una selezione di circa 70 opere provenienti da 12 prestigiose istituzioni internazionali. Il nucleo di opere più consistente proviene dalla Ny Carlsberg Glyptotek di Copenaghen, che ha prestato per l’occasione più di 35 opere. Tra le opere più significative presenti in mostra segnaliamo l’Autoritratto con Cristo Giallo (1890-1891) proveniente dal Musée d’Orsay di Parigi; Ari Matamoe (la morte del re), (1892) proveniente da Getty Museum di Los Angels, la Volpini Suite (1889) del Copenaghen Statens Museum for Kunst; una raccolta di stampe nelle quali Gauguin reinterpreta (nella speranza di farsi pubblicità) i temi delle sue opere pittoriche; la Volpini Suite è senza alcun dubbio il prestito più importante concesso alla mostra e Arearea No Varua Ino (Donne Tahitiane Sdraiate) (1894) uno dei numerosi prestiti del Ny Carslberg Glyptotek di Copenaghen; accanto alle opere pittoriche sono accostati numerosi manufatti realizzati da Gauguin stesso durante la sua lunga permanenza a Tahiti.
La sistemazione delle opere, risulta un po’ troppo caotica, all’interno della grande sala espositiva il visitatore rischia di perdersi tra le opere (e di conseguenza di perdersi alcune delle opere) vista l’assenza di un chiaro percorso facilmente identificabile; al contrario a nostro avviso risulta estremamente interessante il sistema espositivo pensato per le opere; ossia delle vere e proprie “isole” tridimensionali realizzate artigianalmente ognuna con materiali, dimensioni e finiture diverse, queste “isole” permettono un’esposizione sullo stesso livello di dipinti, disegni e manufatti cercando di facilitare il confronto tra le opere, inoltre la tridimensionalità e la differenza di ogni supporto vuole idealmente ricreare l’dea dell’accatastamento delle tele in un atelier.
MUDEC – Museo delle Culture
Milano, Via Tortona, 56
Gauguin. Racconti dal Paradiso
28 ottobre 2015 – 21 febbraio 2016
a cura di Line Clausen Pedersen e Flemming Friborg
allestimento di Peter Bottami
catalogo 24ore Cultura
#mudec
ph. ©Oskar Da Riz