Dopo Vienna, Colonia, Parigi e Lucerna, la Symphonieorchester des Bayerischen Rundfunks (o per meglio dire l’Orchestra Sinfonica della Radio Bavarese) è arrivata alla sua ultima tappa del minitour europeo, iniziato il 13 marzo, ed è approdata al Teatro alla Scala. A guidare l’importante orchestra tedesca c’era Mariss Jansons, che dal 2003 è il loro direttore stabile. In programma una delle sinfonie più amate del repertorio novecentesco, la sinfonia n. 7 Leningrado di Dmitrij Šostakovič.
I motivi della celebrità della settima sinfonia sono ben noti e partono innanzitutto dalle particolari circostanze in cui Šostakovič si trovò a comporre la sinfonia e il valore simbolico che questa è andata ad assumere in quegli anni. La Leningrado vide la luce nel 1941 sotto i bombardamenti nazisti di San Pietroburgo (all’epoca per l’appunto Leningrado). Mentre tutta la famiglia era nascosta nei rifugi antiaerei, Šostakovič componeva sotto i bombardamenti la sua sinfonia più celebre e celebrativa. Sull’onda del patriottismo in seguito all’invasione nazista del suolo russo, la Leningrado diventa per il mondo della cultura russa l’inno della lotta contro il nazismo. Già nel 1942 il compositore riesce a farla eseguire a San Pietroburgo ed in altre parti del paese, suscitando grande interesse anche all’estero dove la partitura viene ricercata ovunque. Storica l’esecuzione di Arturo Toscanini negli Stati Uniti che ne consacra la celebrità mondiale.
La Sinfonia di Leningrado rappresenta una delle partiture più interessanti e affascinanti di Šostakovič. L’immagine quasi “mitica” di Šostakovič sul tetto del conservatorio di San Pietroburgo a far da vedetta durante l’avanzata dell’armata nazista sulla città aiuta a rendere ogni movimento della sinfonia estremamente evocativo dei sentimenti e delle emozioni vissute in quegli istanti dal compositore. Si tratta del lavoro scritto più velocemente da Šostakovič, tanto che la considerava una Blitzsymphonie in risposta alla Blitzkrieg tedesca. Famosissimo e impresso nella memoria di ogni appassionato di musica classica è il primo movimento e soprattutto il finale di esso, scritto sul modello del Boléro di Ravel. Poco importa che il movimento voglia rappresentare, come si è spesso detto, l’avanzata nazista verso la città o, come si è detto in altri casi, il popolo russo che si prepara alla resistenza. Quello che conta è che il movimento risulta estremamente coinvolgente all’ascoltatore di ieri come a quello di oggi, avvinghiandolo nell’ascolto del vorticoso schema ripetitivo e soffocante scandito dal tamburo.
Mariss Jansons e la Symphonieorchester des Bayerischen Rundfunks si presentano ben preparati alla prova a cui Šostakovič sottopone l’orchestra. Jansons è un profondo conoscitore dell’opera del compositore russo e può vantare di aver inciso con le migliori orchestre mondiali l’integrale delle sue sinfonie. Jansons dirige con gesto preciso e appassionato la partitura di Šostakovič, a volte tralasciando l’uso della bacchetta ed usando direttamente le mani per rafforzare il gesto. La Symphonieorchester des Bayerischen Rundfunks offre dal canto suo un’eccelsa prova, estremamente precisa e coinvolgente, piegandosi bene sia ai momenti più lirici e sia a quelli invece più movimentati, ben seguendo le indicazioni di Jansons.
Al termine dell’incandescente finale del quarto movimento una vera e propria ovazione ha salutato Jansons e l’orchestra. Prolungati applausi hanno richiamato più volte il maestro in palcoscenico. Il pubblico sembrava quasi non volerlo lasciar andare. Anche quando l’orchestra era giù uscita, il pubblico entusiasta ha trattenuto Mariss Jansons con i suoi caldi applausi e le sue ovazioni. Una serata di grandissima musica come si spera ne seguiranno molte altre.
Teatro alla Scala
Symphonieorchester des
Bayerischen Rundfunks
Direttore
Mariss Jansons
Dmitrij Šostakovič
Sinfonia n. 7 in do magg. op. 60 “Leningrado”
21 marzo 2016