L’arte di rubare arte

A quasi un anno di distanza dalla grande mostra inaugurale curata da Salvatore Settis (Serial Classic) che esplorava il rapporto tra originale e copia nell’arte romana, la Fondazione Prada di Milano, ritorna ad indagare il tema della copia di modelli preesistenti, questa volta nell’arte contemporanea. Curatore d’eccezione di questa mostra è l’artista tedesco Thomas Demand (di cui la Fondazione Prada espone in maniera permanente l’installazione Processo Grottesco) affiancato dallo scultore tedesco Manfred Pernice, che ha ideato gli ambienti espositivi.

La mostra presenta una selezione di circa 90 opere di 60 artisti differenti realizzate tra il 1820 ad oggi divise in tre sezioni, attraverso le quali Demand ci propone una riflessione sull’originalità delle opere d’arte e sui concetti di invenzione, ispirazione e copia; concentrandosi maggiormente sul tema del furto e sul concetto di autore.

Delle tre sezioni in cui si divide la mostra senza dubbio è la prima (ospitata al piano terra del braccio nord della Fondazione) la più interessante. Prima parte che si apre con un opera di John Baldessarri (L’image volée, 2015-2016) che dà il nome alla mostra stessa e che nasce dal ricordo del furto di cinque capolavori dal Musée d’Art moderne de la Ville de Paris nel 2010, delle opere trafugate furono ritrovate unicamente le cornici vuote e proprio con queste gioca Baldessarri.

Tra le opere che aprono la mostra troviamo una fotografia dello stesso Demand (Vault, 2012) che detta un po’ la linea che si svilupperà nel resto della mostra. La fotografia è ricostruzione di un magazzino dove sono state ritrovate alcune opere trafugate durante la Seconda Guerra Mondiale, introducendo subito i temi dei furti e delle opere d’arte, opere che tuttavia noi non possiamo vedere nell’opera di Demand, perché tutte girate, (il retro delle opere è un altro tema già indagato dalla Fondazione Prada con la mostra Recto Verso, conclusasi lo scorso Febbraio). La fotografia di Demand dialoga direttamente con un opera uscita oggi per la prima volta dai depositi della Nationalgalerie di Berlino, ossia i frammenti di un dipinto di Adolph von Menzel appartenuto ad Adolf Hitler e ridotto in stato frammentario dopo il rinvenimento da parte delle truppe americane nel 1945.

Irriverente riflessione sul furto (e non solo su quello) è l’opera di Cattelan (Untitled, 1991) altro non è che la denuncia (incorniciata) fatta dallo stesso Cattelan per il furto di una scultura invisibile dalla sua macchina.

Tra le opere più originali esposte in mostra a nostro avviso bisogna annoverare le due opere di Pierre Bismuth (Origami déplié – Bracelet, 2016 | Origami déplié – La base de la grenouille – 2016) degli origami realizzati da Bismuth utilizzando dei campioni dei poster di Daniel Buren, non ancora applicati alle pareti; proprio difronte a queste opere è esposta una delle opere che più ci ha interessato dell’intera mostra, il Concetto spaziale, Attese (1966) realizzato da Lucio Fontana tagliando una tela di Hisachika Takahashi (all’epoca assistente di Fontana) per convincere un collezionista milanese ad acquistare l’opera del giovane giapponese. Altra opera originale è la Copy of Picasso (1988) di Cy Twombly, l’artista realizzò questo omaggio a Picasso (ricordando la sua celebre massima “Se c’è qualcosa da rubare la rubo”) ridipingendo una propria opera.

Grande interesse ci ha suscitato anche la serie di cinque ritratti tagliati di Francis Bacon che dialogano direttamente con la carta da parati realizzata appositamente per la mostra da Sara Cwynar dal titolo 72 Pictures of Modern Paintings e realizzata sovrapponendo i ritagli di riproduzioni di 72 capolavori.

Chiudiamo con un ultima opera che ha catturato il nostro interesse ossia Metamorphosen des Stephansdoms und des Kölner Doms (1970) di Hans Hollein dove l’architetto viennese crea dei collage accostando le cartoline dei più tradizionali paesaggi urbani di Vienna e Colonia.

Una seconda parte della mostra, ospitata nello spazio sotterraneo della galleria nord, vorrebbe analizzare l’atto di produzione delle immagini, come atto di sopraffazione, tra le installazioni qui proposte ricordiamo solo la selezione di dispositivi di spionaggio della DDR provenienti dalla collezione del Wende Museum e qui allestiti riproponendo un progetto espositivo di Hans Hollein del 1968 per la partecipazione austriaca alla XIV Triennale di Milano. Demand legge questa esposizione come un’anticipazione di quello che è l’attuale mondo dei computer e degli smartphone.

Mentre un ultima parte (che presenta due video installazioni) è ospitata all’interno del cinema della Fondazione.

La mostra è accompagnata da una pubblicazione con racconti inediti di Ian McEwan e Ali Smith.

La Fondazione Prada prosegue presentando mostre, forse di minor richiamo per il grande pubblico, ma sempre di enorme interesse e magnificamente curate negli affascinanti spazi recuperati da Rem Koolhaas. Attendiamo ora impazienti il termine dei lavori della torre che metterà la parola fine a questo importante recupero e che poterà ulteriori spazi espostivi alla Fondazione Prada.


 

L’Image Volée

Fondazione Prada – Milano
18 marzo – 28 agosto 2016

a cura di Thomas Demand
progetto allestitivo di Manfred Pernice

catalogo edito dalla Fondazione Prada

 

Ph. Delfino Sisto Legnani Studio – courtesy Fondazione Prada

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