E’ terminata ieri sera con l’ultima recita la produzione pucciniana di questa stagione scaligera, ovvero La Fanciulla del West, settima opera del maestro di Torre del Lago, diretta da Riccardo Chailly e messa in scena nell’allestimento di Robert Carsen. Continua il percorso di Chailly alla scoperta (o potremo dire riscoperta) delle opere pucciniane, nelle loro versioni meno conosciute. Dopo la Turandot dello scorso anno, messa in scena con il finale di Luciano Berio, il Maestro ha voluto portare alla Scala la Fanciulla originale, quella scritta e voluta da Puccini prima che Toscanini operasse alcuni cambiamenti in virtù della prima esecuzione assoluta alla Metropolitan Opera di New York nel 1910. Si è trattata di un’occasione più unica che rara, in quanto da una parte la Fanciulla è una delle opere pucciniane meno rappresentate, anche se molto amata dal pubblico, e mancava da ben 21 anni alla Scala, dall’altra mai era stata messa in scena in questa versione originale, che consta di 1000 cambiamenti rispetto a quella normalmente eseguita, con 124 battute in più di musica sparite nella versione “toscaniniana” dell’opera.
La produzione di questa Fanciulla è stata segnata da numerosi avvicendamenti dal momento dell’annuncio del titolo lo scorso anno fino al momento dell’andata in scena. Annunciata con la regia di Graham Vick, la Fanciulla è stata poi portata in scena dal regista canadese Robert Carsen, scelto come sostituito di Vick dopo che ad ottobre il regista inglese ha rinunciato all’incarico. Previsto nel cast era poi il tenore argentino Marcelo Álvarez, sostituito poi da Roberto Aronica. Pochi giorni prima della prima è stata poi annunciata l’indisposizione del soprano Eva-Maria Westbroek, sostituita dal soprano olandese Barbara Haveman che non solo ha preso il posto della collega, ma ha anche studiato in tempo record le parti recuperate da Chailly che non erano mai state messe in scena. Possiamo dire quindi che si è trattata di una produzione “burrascosa”, ma che si è poi risolta con un grandissimo successo di critica e pubblico.
Puccini visita per la prima volta gli Stati Uniti nel 1907, invitato a New York per la messinscena dalla sua Madama Butterfly al Met. E’ in questa occasione che assiste alla rappresentazione del dramma di David Belasco The Girl of the Golden West e che decide di farne il soggetto della sua successiva opera lirica. L’opera ultimata andrà in scena per la prima volta nel 1910 proprio al Metropolitan Opera di New York con un cast stellare: Emma Destyn, Enrico Caruso e Pasquale Amato guidavano il corposo cast di 18 cantanti diretti dalla bacchetta di Arturo Toscanini.
Definita dallo stesso Toscanini come un grandioso poema sinfonico, è sicuramente l’orchestra ad essere la reale protagonista di questa opera americana. La musica è trascinante, fascinosa e piena di riferimenti al folklore americano, oltre che di momenti di altissimo pathos. Riccardo Chailly dirige con tocco deciso e appassionato questa corposa partitura, riuscendo a tirare fuori il meglio da un’orchestra scaligera in stato di grazia, vera e propria protagonista della rappresentazione. Bene si inseriscono in questo contesto gli interpreti, a cominciare dai numerosissimi comprimari, tutti ottimi, e dal coro guidato da Bruno Casoni. Claudio Sgura era il cattivo Jack Rance che con sicurezza e baldanza si è calato nella parte dello sceriffo alla caccia del bandito Ramerrez. Di ritorno in Scala, Roberto Aronica si trovava ad affrontare il ruolo di Dick Johnson/Ramerrez che risolve con buono squillo e sicurezza vocale. Emozionante il suo Ch’ella mi creda, probabilmente il momento più famoso di tutta l’opera, ma anche l’accorato duetto con Minnie del secondo atto. L’anello debole del cast era rappresentato proprio dalla Minnie di Barbara Haveman, alle prese con un ruolo vocale impervio che fatica a portare a compimento al meglio. Catapultata all’interno della produzione all’ultimo minuto, il soprano olandese ha una vocalità a tratti disomogenea, con difficoltà sia nel settore acuto che in quello grave che compromettono la perfetta riuscita del ruolo.
Altro grande, grandissimo protagonista di questa produzione scaligera è stato Robert Carsen, il regista, che ha contribuito al grande successo ottenuto con una messinscena definita da lui stesso “cinematografica”, di grande impatto visivo e drammaturgico. Il cinema è il filo conduttore di tutta la rappresentazione. E’ in un cinema che l’opera comincia, con il pubblico che sta guardando un western americano in bianco e nero ed è fuori da un cinema dove è sta per essere proiettato The Girl of the Golden West che l’opera si conclude. Tanti i riferimenti al mondo del western americano, grazie anche alle proiezioni realizzate da Ian William Galloway. Il cinema iniziale diventa poi il saloon dei minatori (con il bancone che riprende quello realmente donato nel 1887 da Buffalo Bill alla Regina Vittoria) che si “apre” alla sconfinata distesa della Monument Valley americana quando arriva Minnie in un momento molto emozionante. Il secondo atto si svolge nella stanzetta della capanna di Minnie, ricreata con un gioco prospettico molto interessante e con effetti visivi e di luci studiati e molto efficaci. Il terzo atto si svolge nella foresta californiana, su uno sfondo non molto diverso da quello originale che possiamo vedere nei bozzetti della primissima rappresentazione al Met, ma impreziosito dalle proiezioni che ci permettono di vedere da vicino i volti dei protagonisti in bianco e nero come una sorta di film nell’opera. Come già detto, la rappresentazione si conclude con l’entrata di un cinema americano da cui esce la nostra Minnie, protagonista del film a lieto fine. Uno spettacolo veramente ben riuscito che affascina lo spettatore, lo emoziona supportando bene la componente musicale e riportandoci al fantastico mondo dell’America dei cercatori d’oro.
La Scala ha congedato ieri Minnie e i minatori e si prepara alla prima de Der Rosenkavalier di Richard Strauss che debutterà tra circa una settimana. Nell’attesa di immergerci nel mondo viennese straussiano, ricordiamo questa produzione scaligera “americana” come una delle migliori di questa stagione.
Teatro alla Scala
3, 6, 10, 13, 18, 21, 25, 28 maggio 2016
La Fanciulla del West
Opera in tre atti
Libretto di Guelfo Civinini e Carlo Zangarini
dal dramma di Davide Belasco
Musica
GIACOMO PUCCINI
Nuova produzione Teatro alla Scala
Direttore RICCARDO CHAILLY
Regia ROBERT CARSEN
Scene ROBERT CARSEN E LUIS CARVALHO
Costumi PETRA REINHARDT
Luci ROBERT CARSEN E PETER VAN PRAET
Coreografia MARCO BERRIEL
Video IAN WILLIAM GALLOWAY
Coro e Orchestra del Teatro alla Scala
Maestro del Coro BRUNO CASONI
Personaggi e interpreti
Minnie Barbara Haveman
Dick Johnson Roberto Aronica
Jack Rance Claudio Sgura
Nick Carlo Bosi
Ashby Gabriele Sagona
Sonora Alessandro Luongo
Trin Marco Ciaponi
Sid Gianluca Breda
Bello Costantino Finucci
Harry Emanuele Giannino
Joe Krystian Adam
Happy Francesco Verna
Larkens Romano Dal Zovo
Billy Jackrabbit Alessandro Spina
Wowkle Alessandra Visentin
Jake Wallace Davide Fersini
José Castro Leonardo Galeazzi
Un postiglione Francesco Castoro
M’hai fatto tornare in mente un libro che ho letto tempo fa, e che aveva proprio Puccini tra i personaggi principali. Il libro è questo: https://wwayne.wordpress.com/2014/11/20/amori-proibiti/. L’hai letto?