Lo scorso 11 ottobre la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma ha riaperto le sue porte, dopo alcuni mesi di lavori presentandosi al pubblico in una veste completamente rinnovata e con un nuovo allestimento che tuttavia ha provocato numerose e sentite proteste, scatenando l’inevitabile contorno di polemiche.
Questo nuovo allestimento della “Galleria Nazionale” (nome con cui è stato ribattezzato il museo) è stato fortemente voluto dalla nuova direttrice Cristiana Collu, al termine degli importanti lavori di ripristino del museo avviati nell’aprile scorso, che hanno riportato alla luce l’originario candore dell’edificio progettato da Cesare Bazzani nel 1911 (oltre ad aver ripristinato l’originario parquet e molte delle finestre e dei lucernari chiusi negli anni).“Time is out of joint” questo è il titolo del nuovo allestimento, curato da Cristiana Collu e da Saretto Cincinelli, che sarà visitabile fino al 15 aprile 2018.
Con questa nuova sistemazione la Galleria Nazionale presenta oggi al pubblico una selezione di circa 500 opere (provenienti anche da collezioni private e da alcuni musei italiani) di più di 170 diversi artisti scardinando il tradizionale ordinamento da manuale di storia dell’arte che ha sempre contraddistinto il museo romano. Le opere non sono infatti esposte secondo un criterio cronologico o tematico, ma bensì secondo un raffinato gioco (intellettuale) di incroci e di assonanze perlopiù visive (e qualche volta tematiche) volte a creare nuove e inaspettate relazioni tra le opere esposte nelle sale (quasi metafisiche) della Galleria Nazionale.
Tra i dialoghi messi in scena con questo allestimento, quello di maggior impatto è senza alcun dubbio il confronto tra: Spoglie d’oro e spine d’acacia (2002) di Giuseppe Penone che fa da sfondo a Ercole e Lica (1795-1815) di Canova che a sua volta si riflette nei 32 mq di mare circa (1967) di Pino Pascali; completano questo dialogo la Grande composizione A (1919-1920) di Mondrian, la Superficie bianca (1964) di Castellani, l’International Blue Klein (1958) di Yves Klein, la Caduta di Iperione (1964) di Cy Twombly e il Senza Titolo (1958) sempre di Twombly. Di grande fascino anche la sala che fronteggia l’Ultima cena (1958) di Mario Ceroli con un grande tavolo che ospita i numerosi bozzetti in gesso. Tra le sale probabilmente più facilmente leggibili dal pubblico c’è quella che ospita una potente riflessione sui ruderi e sulle rovine: accanto ad una serie di stupende fotografie di Gabriele Basilico incentrate sui ruderi dei Fori Imperiali vediamo esposte una classica Veduta romana di fine Ottocento, il Tempio nella stanza (1927) di Giorgio de Chirico, I ruderi sul prato (1954) di Pino Pascali e il Cretto G1 (1973) di Alberto Burri. Estremamente interessante anche il dialogo tra Le Stelle (1932) di Arturo Martini e quattro piccole opere di Giorgio de Chirico: Presente e Passato; Piazza d’Italia con statua; la Torre del silenzio e la Torre e il treno; opere che tuttavia hanno causato grandi polemiche per le datazioni grossolanamente sbagliate nelle didascalie (errori segnalati nella lettera di dimissioni di Fabio Benzi).
Tuttavia il vero filo conduttore di questo nuovo allestimento sperimentale della Galleria Nazionale è la silenziosa (ma qualche volta un po’ troppo invadente) presenza di diverse statue ottocentesche (di Pistrucci, Galli, Tenerani e di altri) che dialogano e osservano (certe volte in maniera davvero ravvicinata) alcuni dei capolavori del museo.
Con il nuovo allestimento estremamente cinematografico e accattivante la direttrice Cristiana Collu ha voluto svecchiare e togliere da uno stato di ibernazione la vecchia Galleria Nazionale d’Arte Moderna, riportandola al centro dell’attenzione del grande pubblico, una sfida che ha senz’altro vinto, basta pensare ai più di 4500 ingressi registrati domenica 6 novembre e ai numeri che il museo sta realizzando sui vari canali social. Tuttavia restano alcune perplessità legate soprattutto al ruolo didattico del museo; ruolo che questo nuovo allestimento pare aver messo in secondo piano rispetto alla spettacolare valorizzazione estetica delle opere esposte, infatti oltre all’abolizione del tradizionale ordinamento cronologico, attualmente non sono presenti didascalie o testi di sala (o un catalogo) che spieghino, non tanto le opere, ma per lo meno “l’assonanza” che ha portato a quell’accostamento.
Va comunque ricordato che si tratta di un allestimento temporaneo del museo (febbraio 2018) e che quindi, a nostro avviso, è da intendere questo come un importante momento di riflessione del museo sulla sua funzione, sul suo pubblico (e anche sulla sua collezione); risolti alcuni problemi, non resterà che gioire per il ritorno di interesse del pubblico per il museo e godere degli inediti dialoghi tra le opere.
Time is out of joint
La Galleria Nazionale – Roma
11 ottobre 2016 – 15 aprile 2018
a cura di Cristiana Collu e Saretto Cincinelli
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