Falstaff, Ambrogio Maestri, Teatro alla Scala, Damiano Michieletto

Falstaff torna a Casa Verdi

Nostalgia, sogno e tenerezza. Sono questi gli ingredienti del Falstaff che dal 2 al 21 febbraio sarà nuovamente in scena al Teatro alla Scala.

Parola del regista Damiano Michieletto che, nella serata di mercoledì 1 febbraio, ha presentato la sua personale interpretazione dell’ultimo capolavoro verdiano ad un numeroso pubblico raccolto nella suggestiva Sala dei Concerti della Casa di Riposo Giuseppe Verdi di Milano.
Proprio nella Casa voluta dal grande Compositore (“l’opera mia più bella”, ebbe a dire Verdi) trova ambientazione il Falstaff di Michieletto: in questa produzione si immagina il protagonista nei panni di un  anziano cantante, ospite dell’Istituzione, che rivive nella sua mente (forse grazie a qualche bicchiere di vino di troppo) una messinscena dell’Opera in questione, ove tutti i protagonisti si rivelano essere frutto della sua immaginazione… pur muovendosi nello spazio reale di Casa Verdi.
Ricreati fin nel più piccolo dettaglio gli spazi della Casa, con tanto di comparse fornite di deambulatori ad interpretare gli anziani ospiti, con questa scelta il regista veneto afferma di aver voluto fondere insieme le due ultime estreme opere di Verdi… ma non solo; intento dichiarato del regista è quello di portarci a riflettere sul significato più profondo di un capolavoro così anomalo quale Falstaff è: al di là dell’aspetto comico e dei toni da commedia questa è un’opera essenzialmente crepuscolare, venata di malinconia nella quale Verdi e Boito ci parlano del tramonto della vita… se non apertamente di morte.
Falstaff, ormai giunto al capolinea della sua vita terrena, trova conforto e nuova vitalità crogiolandosi nel ricordo del passato, estraniandosi dalla quotidianità e sognando ad occhi aperti di essere nuovamente sulle scene; una breve illusione… che termina col termine dell’opera, quando i protagonisti scompaiono così come improvvisamente erano apparsi… lasciando il “vecchio John” in balìa dei suoi dolci e confortanti ricordi. Quale luogo, meglio di una casa di riposo (per quanto prestigiosa sia) può portarci a meditare sulla vecchiaia, che inesorabile giunge per tutti?

Della validità di questa chiave di lettura si dice certo Ambrogio Maestri, anch’egli presente come ospite d’onore all’incontro, che con questa produzione tornerà a vestire i panni del panciuto personaggio shakespeariano, a cui deve tante soddisfazioni e successi.
Ormai Falstaff per antonomasia, dall’alto delle più di 250 volte in cui si è calato nell’interpretazione dell’antieroico protagonista di quest’opera, Maestri pone l’accento sulla difficoltà interpretativa e la totale immedesimazione, anche fuori dalle scene, che il ruolo richiede.
Rispetto al Falstaff gaudente di Robert Carsen, molto apprezzato dal pubblico nelle passate stagioni del Teatro milanese, questa volta saremo quindi chiamati a misurarci con una regia diametralmente opposta:  meno enfasi sull’aspetto comico-grottesco e maggiore attenzione al sentimento, meno leggerezza ma più profondità.
Che incontri o meno il favore del pubblico, questa regia (o quantomeno l’idea di fondo) merita ad ogni modo rispetto e considerazione… non fosse altro per il coraggioso tentativo di allontanarsi dai soliti cliché con i quali Falstaff viene sempre inteso e portato in scena.


 

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