Tra i titoli più attesi della stagione 2017/2018 del Teatro Regio di Torino va annoverata senza dubbio la nuova produzione di Turandot, firmata da Stefano Poda e diretta dal maestro Gianandrea Noseda, che ha debuttato lo scorso 16 gennaio. Poco più di dieci anni fa, sempre a Torino andava in scena la Turandot secondo Luca Ronconi, definita nuda, in quanto ambientata senza scene e costumi, un allestimento praticamente non finito, così come incompiuta è l’opera pucciniana. Il tema dell’incompiuto è ancora centrale anche in questa ultima produzione torinese. Il maestro Noseda ha scelto infatti di dirigere la sua prima Turandot nella versione originale incompiuta, decidendo quindi di concludere l’opera dopo la commovente morte di Liù. È certamente strano per il pubblico sentire questa conclusione quasi sottovoce, così lontana dal trionfo del finale di Alfano che normalmente si esegue, ma rappresenta sicuramente una scelta forte e interessante, che come dichiarato dal direttore, lascia lo spettatore libero di immaginare come sarebbe finita. È quindi molto apprezzabile questa scelta di Noseda, che ripropone un’annosa discussione sui finali di Turandot e su come per lo stesso Puccini la questione del finale fosse molto controversa.
Lo spettacolo proposto a Torino è interamente ideato da Stefano Poda (che ne ha firmato regia, scene, costumi, coreografie e luci), conosciuto per essere un regista estremamente visionario e sicuramente fuori dal comune. Questa sua Turandot non fa eccezione. Tutta la vicenda diventa così puramente simbolica, lontana dalla Cina da cartolina di alcuni famosi allestimenti e ambientata in un non-luogo, nella mente di Calaf, nel groviglio dei suoi pensieri. Come dicono le tre maschere nel libretto di Simoni e Adami, “Turandot non esiste!” e qua davvero la principessa di gelo non è presente, ma è replicata in tutte le figure femminili, in modo che così Turandot diventi un simbolo di alterità, di quel diverso che Calaf, così come ognuno di noi, ha necessità di superare per potersi così affermare. Un’idea molto interessante che si concretizza in un allestimento di estrema eleganza, giocato fortemente sul colore bianco e dando una grande importanza alla coralità e alla componente coreutica con alcuni momenti di fortissimo impatto, visivo ed emotivo (ad esempio In questa reggia con tante donne sul palcoscenico vestite tutte allo stesso modo, senza quindi riuscire a distinguere chi sia davvero tra di loro Turandot).
Come già detto, Noseda affronta in questa occasione, per la prima volta nella sua carriera, l’ultima opera di Puccini e lo fa in modo impetuoso, dandone una lettura quasi violenta e con sonorità volutamente strabordanti che sottolineano soprattutto il ruolo delle percussioni, rese in modo davvero tonante. L’orchestra del Regio lo segue alla lettera, suonando in modo preciso e rigoroso. Sul palco un primo cast che si rivela all’altezza. Turandot è il soprano sloveno Rebeka Lokar che spicca imperiosa nel gruppo di Turandot presenti sul palco. La voce suona brunita e spietata, perfettamente a suo agio nella forte lettura del maestro milanese. Vicino a lei, il Calaf di Jorge de Leon, dalla suadente voce tenorile, molto bella al centro, ma che tende forse a forzare un po’ nel registro acuto. A completare il trio dei protagonisti stava la buona Liù di Erika Grimaldi, molto apprezzata dal pubblico torinese. Corretto tutto il nutrito cast di comprimari, a partire dall’ottimo Timur di In-Sung Sim, per continuare con le tre maschere (Ping, Marco Filippo Romano; Pang, Luca Salin; Pong, Mikeldi Atxalandabaso), l’Altoum di Antonello Ceron, il mandarino di Roberto Abbondanza e il principe di Persia di Joshua Sanders. Ottimo il coro preparato da Claudio Fenoglio, impegnato notevolmente anche a livello interpretativo.
Grande successo alla fine della recita per tutti i protagonisti, con qualche dissenso nei confronti di Stefano Poda, presentatosi alla ribalta anche in una replica successiva alla prima. Una Turandot inusuale, ma che ci lascia pronti a molte riflessioni su una delle opere più famose del repertorio operistico.
Teatro Regio
Torino | 20 gennaio 2018
Turandot
dramma lirico in tre atti e quattro quadri
libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni
dall’omonima fiaba teatrale di Carlo Gozzi
musica di Giacomo Puccini
versione originale incompleta
Turandot | Rebeka Lokar
Calaf | Jorge de Léon
Liù | Erika Grimaldi
Timur | In-Sung Sim
Altoum | Antonello Ceron
Ping | Marco Filippo Romano
Pang | Luca Salin
Pong | Mikeldi Atxalandabaso
Orchestra e coro del Teatro Regio di Torino
Coro di voci bianche del Teatro Regio e del Conservatorio “G. Verdi”
direttore | Gianandrea Noseda
regia, scene, costumi coreografia e luci | Stefano Poda
maestro del coro | Claudio Fenoglio
#TurandotTRT
ph. Ramella&Giannese © Teatro Regio Torino