Debutto decisamente sottotono per l’operetta-capolavoro di Johann Strauss figlio attualmente in scena al Teatro alla Scala. A quasi 150 anni dalla prima rappresentazione viennese al Theater an der Wien (5 aprile 1874) il Tempio della Lirica milanese apre tardivamente le porte a Die Fledermaus con una nuova produzione, purtroppo non del tutto riuscita, espressamente concepita per il pubblico milanese.
La regia di Cornelius Obonya e Carolin Pienkos, per quanto piacevole e simpatica, crea non poche perplessità per alcune scelte arbitrarie che in parte stravolgono l’originale libretto di Carl Haffner e Richard Genée. L’azione, in origine ambientata nella Vienna imperiale del tardo XIX secolo, viene in questa produzione spostata a Kitzbühel, in Tirolo, ai nostri giorni; un contesto quasi da cine-panettone nostrano dove si fa espressamente riferimento a prestigiose marche di orologi, a griffe d’alta moda ed alla più nota gastronomia milanese per fare da cornice all’operetta straussiana. Parimenti perplessi lasciano le decisioni di tramutare il giovane principe russo Orlofsky in una donna, la fantomatica oligarca russa Orlofskaya; di affibbiare al Dr. Falke il ruolo di ex amante, cafone e rancoroso, di Rosalinde e di rendere quest’ultima una cantante ungherese anziché una contessa. Anche l’alternanza nei dialoghi (pesantemente rimaneggiati) sia dell’originale tedesco sia dell’italiano senza una apparente logica crea una certa confusione alla quale si sarebbe potuto facilmente ovviare optando per i dialoghi in una sola lingua. Scene e costumi, a cura di Heike Scheele, invece si adeguano più che dignitosamente a quelle che sono le nuove esigenze registiche.
La direzione musicale è affidata al giovane direttore tedesco Cornelius Meister, chiamato a sostituire l’indisposto Zubin Mehta. Per quanto a Meister non manchino entusiasmo e buona volontà, la direzione nel complesso risulta poco incisiva e poco fa trasparire della brillantezza dell’orchestrazione straussiana che, soprattutto nel Pipistrello, raggiunge i massimi livelli. Fra le voci, spicca Daniela Fally: esuberante, maliziosa quanto basta e con una presenza scenica impeccabile, il soprano rende in maniera divertente e convincente il ruolo della domestica Adele superando onestamente le due deliziose arie di coloratura che le spettano nel II e nel III atto (Mein Herr Marquis – Spiel’ ich die Unschuld vom Lande). Michael Kraus, dalla bella voce piena e ferma, rende un altrettanto soddisfacente Frank nel canto e nella recitazione. Bene la Orlafskaya del mezzo-soprano russo Elena Maximova e il Dr. Falke di Markus Werba. Meno convincente la resa del tenore protagonista, Peter Sonn, chiamato a calarsi nel ruolo dell’infedele Eisenstein; difficoltà nel registro acuto e scarso volume ne compromettono la prestazione. Meglio la Rosalinde di Eva Mei, per quanto non arrivi ad entusiasmare e dia l’impressione di essere più presente scenicamente che non vocalmente. Divertente e ben recitato il Dr. Blind del tenore Kresimir Spicer. Giorgio Berrugi è invece il simpatico tenore-amante Alfred, coinvolto in piacevoli gag ed improvvisazioni su celebri arie d’opera che spaziano da La Traviata a Madama Butterfly. Piacevolissimo e spiritoso, ma senza esagerazioni, il monologo di Paolo Rossi, chiamato a sostituire l’inizialmente previsto Nino Frassica, nell’inedita veste del carceriere Frosch (ruolo recitato). Il comico, prendendo spunto dalle differenze culturali fra austriaci e italiani, si focalizza con bonaria ironia su vari malcostumi, politici e sociali, del nostro Paese. Buona, come da tradizione, la prova del Coro del Teatro alla Scala, guidato dal M° Bruno Casoni. Interessante l’idea di affidare i balletti al grande coreografo svizzero Heinz Spoerli, già impegnato in Scala per il suo Goldberg-Variationen, che debutterà al Piermarini il 25 gennaio.
Nonostante la generale gradevolezza di questa produzione, il “Pipistrello italico”, per eccesso di zelo registico nel voler venire incontro ai gusti del pubblico italiano, finisce irrimediabilmente col perdere la propria genuinità viennese. Ciò che manca in questa produzione è proprio il Wiener Blut, ed è proprio questa assenza a penalizzarla. Del tutto assente lo charme nostalgico e bonario della Vienna fin de siècle che di questa operetta è elemento portante ed imprescindibile. Il Pipistrello che svolazza lietamente entro la Ring- Straße, non riesce a fare altrettanto entro la Cerchia dei Bastioni.
Andrea Gabrielli
Teatro alla Scala
Milano 23 gennaio 2018
Die Fledermaus
operetta in tre atti
musica di Johann Strauss figlio
libretto di Carl Haffner e Richard Genée
Eisenstein | Peter Sonn
Rosalinde | Eva Mei
Dr. Falke | Markus Werba
Frank | Michael Kraus
Adele | Daniela Fally
Principessa Orlofskaya | Elena Maximova
Alfred | Giorgio Berrugi
Dr Blind Kresimir Spicer
Frosch | Paolo Rossi
Coro, Corpo di ballo e Orchestra del Teatro alla Scala
direttore | Cornelius Meister
maestro del coro | Bruno Casoni
regia | Cornelius Obonya
co-regia | Carolin Pienkos
scene e costumi | Heike Scheele
luci | Friedrich Rom
coreografia | Heinz Spoerli
video | Alexander Scherpink
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