La versione del Don Chisciotte in repertorio al Teatro Scala e riproposta in queste recite estive è quella per la coreografia di Rudolf Nureyev e le musica orchestrata da John Lanchbery (sull’originale di Ludwig Minkus). Del balletto, tra i più rappresentati al mondo, è impossibile – ad oggi – ricostruire la prima versione che Marius Petipa confezionò per il Bolshoi nel 1869. Minkus, il cui livello non è mai andato oltre quello di un onesto professionismo, era noto per essere completamente al servizio delle indicazioni del coreografo, per il quale – in quest’occasione – preparò anche diverse soluzioni melodiche per ciascun numero; lasciandogli po’ la scelta definitiva. Sostanziali modifiche al balletto originale furono apportate già due anni dopo la prima, nel 1871, in occasione del debutto al Mariinskij di Pietroburgo.
In quest’occasione la supervisione alla coreografia di Nureyev è affidata a Florence Clerc. Le scene di Raffaele del Savio sono una summa di eleganza, opulenza e ricerca della prospettiva a dimostrazione di come, l’optare per i teli dipinti è tutto fuorché una pratica antiquata. Del Savio costella i fondali di mille punti di fuga e affianca abilmente elementi tridimensionali, disponendo di conseguenza praticabili ed attrezzeria in modo da conferire all’insieme un ragguardevole senso di profondità. Splendidi poi sono i costumi di Anna Anni, la cui fattura dovrebbe servire da esempio allo stile dozzinale orgogliosamente ostentato nella recente Bella Addormenta importata dall’American Ballet. Fortunatamente, vi succederà il prossimo anno quella per le scene di Frigerio e i costumi della Squarciapino.
Sul podio c’è David Coleman, direttore colto, sensibile e sempre attento a esaltare tutti i caratteri che animano la musica di Minkus, spesso sminuita ingiustamente perché piena dei cliché cui ricorre. Il profluvio di danze autenticamente spagnole fu suggerito da Petipa, che aveva vissuto nella penisola iberica per circa quattro anni. Minkus prese così a modello colui che più vicino a livello geografico aveva composto Jota aragonesa e Souvenir d’une nuit d’été à Madrid: Michail Glinka. Certo, accostate alla seguidilla, alla jota e al boléro ci sono un profluvio di valzer e persino un minuetto. Non si deve però trascurare che il valzer è uno stilema tipico del balletto romantico ottocentesco, mentre il minuetto che Kitri danza – accompagnata da Don Chisciotte – serve proprio a sottolineare quanto il protagonista sia alienato rispetto alla realtà che lo circonda. L’alienazione è proprio l’unica arma che resta a Don Chisciotte per sopravvivere in una realtà nella quale non si è mai effettivamente integrato preferendovi quella immaginaria di un mondo cavalleresco lontano. E’ triste ma è spesso ciò che succede tutt’oggi a persone normali come noi.
Alla recita del 13 luglio, brilla Timofej Andrijashenko, un Basilio che ha dalla sua la tecnica, il virtuosismo e una splendida presenza scenica. Che dire poi di Nicoletta Manni, una Kitri impeccabile stilisticamente, dalla figura nobile e lo sguardo seducente. Ottime si rivelano Virna Toppi (La regina delle Driadi) e Antonella Albano (Amore); brave Alessandra Vassallo e Caterina Bianchi (Due amiche di Kitri) così come Martina Arduino (solista nel fandango). Non memorabile in quest’occasione l’Espada di Marco Agostino. Menzione d’onore va poi a Giuseppe Conte nel ruolo del titolo. Della prova del Corpo di Ballo del Teatro alla Scala non si può dire che bene: bravissimi.
Teatro alla Scala
Milano | 13 luglio 2018
Don Chisciotte
musica | Ludwig Minkus
Don Chisciotte | Giuseppe Conte
Sancho Panza | Gianluca Schiavoni
Lorenzo | Salvatore Perdichizzi
Kitri/Dulcinea | Nicoletta Manni
Basilio | Timofej Andrijashenko
Gamache | Riccardo Massimi
Due amiche di Kitri | Alessandra Vassallo, Caterina Bianchi
Una ballerina di strada | Martina Arduino
Espada | Marco Agostino
La regia delle Driadi | Virna Toppi
Amore | Antonella Albano
Uno zingaro | Antonino Sutera
Due zingare | Emanuela Montanari, Denise Gazzo
Il re e la regina degli zingari | Andrea Pujatti, Daniela Siegrist
Solisti fandango | Martina Arduino, Marco Agostino
Una damigella d’onore | Maria Celeste Losa
Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro alla Scala
Con la partecipazione degli Allievi della Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala
direttore | David Coleman
coreografia | Rudolf Nureyev
supervisione coreografica | Florence Clerc
orchestrazione e adattamento | John Lanchbery
scene Raffaele Del Savio
costumi | Anna Anni
supervisione costumi | Irene Monti
luci | Marco Filibeck
ph. Brescia&Amisano | Teatro alla Scala