L’Accademia del Teatro alla Scala presenta quest’anno Alì Babà e i quaranta ladroni per la direzione di Paolo Carignani, nella versione ritmica italiana di Vito Frazzi.
Ultima tra le opere di Luigi Cherubini, Ali Babà vide la luce il 23 luglio del 1833 all’Académie Royale de Musique di Parigi. Intorno a quattro numeri di un precedente lavoro incompiuto del 1793 (Koukourgi), Cherubini realizzò un’opera in un prologo e quattro atti su libretto di Eugéne Scribe e Mélesville (al secolo Anne Honoré Joseph Duveyrier).
Questa produzione si colloca al termine di un lungo lavoro coordinato da Luciana D’Intino per la preparazione vocale, con la collaborazione di Liliana Cavani per la regia. Un’occasione formativa unica, dal punto di vista dell’arte scenica, che non è però riconoscibile in un allestimento nel quale la cifra registica è declinata in modo poco ispirato e la gestualità è caratterizzata da cliché ben noti a chi frequenta il teatro d’opera. L’ouverture vede il sipario levarsi su una biblioteca nella quale Nadir, Alì Babà, Aboul-Hassan e Delia sono intenti ciascuno nelle proprie letture. Nadir legge la storia Alì Babà ed è da questo che la vicenda ha inizio. L’idea è carina, peccato che sia l’unica e che non goda di alcun altro sviluppo da parte della rinomata regista, che ormai dagli anni ’80 ha smesso di dire qualcosa di veramente significativo. La scenografia di Leila Fteita recupera il fascino tradizionale della tela dipinta ricreando ambientazioni di volta in volta esotiche, fiabesche e fantastiche secondo una tradizionalità del fare teatro che è bello veder usata in un laboratorio con giovani cantanti. Irene Monti cura invece i costumi eleganti e raffinati. Tuttavia, anche tenendo presente l’ottica tradizionale dello spettacolo, avremmo preferito che i costumi del corpo di ballo fossero differenziati in maniera più evidente da quelli dei cantanti. Discrete sono le coreografie di Emanuela Tagliavia e funzionale il disegno luci di Marco Filibeck.
Paolo Ingasciotta interpreta un Ali Babà più che soddisfacente. Accorto e misurato, sostiene con gusto e buona dizione la gran scena riservatagli nel terzo atto (quando, solo nella caverna, è ammaliato dalla vista tesori). La bravissima Enkeleida Kamani è Delia: dopo aver esordito con cautela nella romanza del primo atto Amico fedel d’infanzia mia, offre una trascinante interpretazione di Nadir, tu sei solo il mio bene. Uguale soddisfazione si conferma anche per Hun Kim (Nadir) in grado di uscire indenne dalla temibile romanza riservatagli nel prologo Sol da te, cara Delia. Bravissimi poi Marika Spadafino (Morgiane), Eugenio Di Lieto (Aboul- Hassan), Rocco Cavalluzzi (Ours-Kan), Chuan Wang (Calaf) e Ramiro Maturana (Phaor).
Paolo Carignani, sul podio, opera scelte agogiche particolarmente dinamiche evidenziando il dato narrativo senza concentrarsi troppo su preziosismi orchestrali che del resto non avrebbero giovato alla teatralità dell’opera. Ottime infine la prova dell’Orchestra dell’Accademia (impegnata in questi giorni anche ne La Bayadere portata in tournée alla Scala del Teatro Bloshoi) e del Coro diretto da Alberto Malazzi.
Davide Marchetti
Teatro alla Scala
Milano | 9 settembre 2018
Alì Babà e i quaranta ladroni
Tragedia lirica in un prologo e quattro atti
Libretto di Mélesville e Eugène Scribe
Musica di Luigi Cherubini
Traduzione ritmica di Vito Frazzi
Alì Babà | Paolo Ingrasciotta
Delia | Enkeleda Kamani
Morgiane | Marika Spadafino
Nadir | Hun Kim
Aboul-Hassan | Eugenio Di Lieto
Ours-Kan | Rocco Cavalluzzi
Thomar | Gustavo Castillo
Calaf | Chuan Wang
Phaor | Ramiro Maturana
Coro e Orchestra dell’Accademia del Teatro alla Scala
Allievi della Scuola di Ballo dell’Accademia del Teatro alla Scala
direttore | Paolo Carignani
regia | Liliana Cavani
scene | Leila Fteita
costumi | Irene Monti
luci | Marco Filibeck
coreografia | Emanuela Tagliavia