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L’Attila di Verdi al Teatro alla Scala

Anche quest’anno, come ormai da tradizione, qualche giorno prima dell’apertura della stagione, il Teatro alla Scala di Milano dedica un’anteprima, dell’opera inaugurale, ai giovani under 30. Quest’anno il maestro Riccardo Chailly ha scelto l’Attila di Giuseppe Verdi per aprire la stagione 2018/2019 del Piermarini (secondo titolo di una trilogia giovanile verdiana, iniziata con la Giovanna d’Arco che ha aperto la stagione 2015/2016 e che si concluderà con la messa in scena del Macbeth nei prossimi anni).

La regia dello spettacolo è stata affidata a Davide Livermore (che aveva già collaborato con il maestro Chailly durante la scorsa stagione firmando la regia del Don Pasquale di Donizetti) che ha ambientato la vicenda durante gli anni dell’occupazione durante il secondo conflitto mondiale, trasformando così Attila, re degli Unni, in uno spietato generale nazista e il romano Ezio in un gerarca fascista; facendo di Odabella e Foresto due coraggiosi italiani pronti a schierarsi contro l’occupazione. L’ambientazione durante il periodo nazista è stata ampiamente usata (e forse abusata) negli ultimi anni, però rimane in questo caso un buon espediente e calza a pennello alla vicenda di Attila. Le splendide e monumentali scene, firmate da Giò Forma, aiutano a creare il mondo in cui è inserita la vicenda. Un grande ponte formato da resti romani e da una struttura metallica, una sontuosa stanza da letto con un arco (una riproduzione delle Stanze di Raffaello in Vaticano), un grande salone all’interno di un palazzo rovinato dall’occupazione bellica sono gli ambienti in cui la vicenda si svolge. Sullo sfondo è inoltre presente un grande schermo LED dove vengono mostrati i video preparati dallo studio D-Wok che aiutano ancora di più a contestualizzare la vicenda mostrandoci in modo vivido i resti di una città bombardata in fiamme, l’affresco di Raffaello L’incontro di Leone Magno con Attila che fa da sfondo alla camera da letto di Attila, ma anche i dolorosi ricordi di Odabella che da bambina assiste impotente all’uccisione del padre da parte di Attila. L’impianto scenografico risulta imponente e ben costruito, sfruttando appieno le potenzialità tecniche del palcoscenico scaligero, dimostrandosi la parte più affascinante dello spettacolo, quasi fosse un altro vero e proprio protagonista. Abbastanza convenzionale risulta la recitazione dei protagonisti e i movimenti delle masse corali. Belli i costumi di Gianluca Falaschi (in linea con il periodo storico scelto per l’ambientazione) e molto efficaci le luci di Antonio Castro che contribuiscono a dare quel gusto retrò a cui Davide Livermore ci ha abituato nelle sue ultime produzioni. Vertice dello spettacolo risultano il secondo e il terzo quadro del primo atto, quelli del sogno premonitore di Attila, in cui ci troviamo all’interno di un tableau vivant con la riproduzione dell’affresco di Raffaello che si fa vivo per parlare ad Attila e avvisarlo di quello che potrà accadere se oserà avvicinarsi a Roma.

Dopo l’ottima prova nel recente Ernani, il basso russo Ildar Abdrazakov interpreta il ruolo del titolo e lo fa con la consueta eleganza, offrendo una grande prova vocale, forte della voce morbida e dell’ottimo fraseggio. Non è un Attila tonante e violento o barbaro, ma affascinante e carismatico, da vero leader. Saioa Hernández debuttava alla Scala interpretando per la primissima volta la “guerriera” Odabella. Il soprano spagnolo ne esce vincitrice, grazie ad una bella voce che risulta ben timbrata in tutti i registri, sicura verso il registro acuto, così come sonora in quello grave e precisa nelle agilità. Un doppio debutto poteva di certo spaventare, ma la Hernández è riuscita a vincere la sfida, ben trasmettendo anche interpretativamente il dolore interiore e lo spirito battagliero. Il baritono rumeno George Petean interpretava invece Ezio, ruolo che ha risolto in maniera corretta, con una prova in crescendo, culminata nella sua aria Dagli immortali vertici. Fabio Sartori era invece Foresto. Il tenore veneto ha una bella voce e riesce a venire a capo alle difficoltà del ruolo (non senza qualche difficoltà e qualche sforzatura), non riuscendo a ridare appieno al pubblico lo spirito del personaggio. Interpretativamente infatti il suo Foresto risulta poco coinvolto nella febbrile vicenda. Completavano il cast il buon Uldino di Francesco Pittari e il Leone di Gianluca Buratto.

In buca, come di consueto alla prima di stagione, c’era il direttore musicale del teatro, Riccardo Chailly che per l’occasione ha deciso di inserire alcune battute composte da Rossini, dopo aver ascoltato l’opera a Parigi e che il compositore pesarese ha donato alla moglie di Verdi; inoltre Chailly ha anche deciso di sostituire nel III atto l’aria di Foresto Che non avrebbe il misero con Ah, dolore, romanza scritta appositamente da Verdi per Napoleone Moriani che interpretò il ruolo alla Scala. Il maestro ha offerto un’interpretazione più intima e meno guerresca di Attila, privilegiando, come di consueto, la parte orchestrale a quella vocale, offrendo tempi per lo più dilatati.

Le premesse per una Prima di grande spessore e interesse ci sono tutte, non ci resta che attendere, passata l’emozione e spentisi i riflettori del 7 dicembre, l’evolversi della produzione.

Davide Marchetti


Teatro alla Scala
Milano | 4 dicembre 2018

Attila
dramma lirico in un prologo e tre atti
libretto di Temistocle Solera e Francesco Maria Piave
musica di Giuseppe Verdi

Attila | Ildar Abdrazakov
Ezio | George Petean
Odabella | Saioa Hernández
Foresto | Fabio Sartori
Uldino | Francesco Pittari
Leone | Gianluca Buratto

Coro e Orchestra del Teatro alla Scala
Coro di voci bianche dell’Accademia del Teatro alla Scala

direttore | Riccardo Chailly
maestro del coro | Bruno Casoni
regia | Davide Livermore
scene | Giò Forma
costumi | Gianluca Falaschi
luci | Antonio Castro
video | D-Wok

teatroallascala.org

 

ph. Marco Brescia & Rudy Amisano

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