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La Fanciulla del West della Staatsoper di Monaco

La fanciulla del West di Giacomo Puccini torna alla Bayerische Staatsoper di Monaco dopo anni di ingiustificata assenza e per la primissima volta nella versione originale in italiano. Per l’occasione il podio spetta al giovane James Gaffigan, mentre la regia ad Andreas Dresen, già molto apprezzato in Arabella, ripresa in ultimo lo scorso febbraio.

La fanciulla andò in scena per la prima volta a Metropolitan di New York nel 1910. Puccini si servì del libretto che Guelfo Civinini e Carlo Zagarini stesero ispirandosi a The girl of the Golden West di David Belasco. Essendo il libretto poco rilevante sia sul piano dei versi che su quello della trama (poco verosimile), conviene soffermarsi sulla musica, dove il canto e il tessuto sinfonico godono di una propria autonomia. Il primo è caratterizzato da un declamato che in poche occasioni cede il passo ad espansioni liriche di irresistibile trasporto; il secondo invece è segnato da un virtuosismo orchestrale che inoltre non perde occasione per descrivere in modo naturalistico e dettagliato ciò che accade sulla scena. I numeri sono aboliti quasi completamente fatto salvo il Ch’ella mi creda libero e lontano, riservato al tenore nel terzo atto. Oltre a strumenti specifici (il vibrafono, il fischietto, la macchina del vento), Puccini prevede anche il controfagotto, impiegato fino a quel momento solo in Tosca.  Ampliare i legni non si produce solo in termini di volume, ma conferisce alla sezione una maggiore autonomia, un arricchimento timbrico, sonorità differenziate ed impasti inconsueti. L’impressione complessiva che risulta dall’ascolto è che non ci trova di fronte ad un’opera, ma ad un vero e proprio monumento. Puccini, ispirandosi a celebri coevi quali Debussy e Strauss e – in misura minore – a Wagner (per quanto riguarda i Leitmotiv), abbia prodotto un lavoro di incredibile forza espressiva nel quale il canto e l’orchestra sono consustanziali.  

Tornando alla produzione bavarese, James Gaffigan non delude le aspettative dirigendo in modo più che convincente la più ambiziosa delle partiture pucciniane, calibrando con perizia le dinamiche  ed evitando così ai solisti di affaticarsi per imporsi sulla barriera sonora che un’orchestra di sì ampie dimensioni produce. Splendida la resa sin dall’inizio, dalla splendida introduzione che oppone due dei tempi principali dell’opera: la redenzione attraverso l’amore e quello che descrive lo sceriffo Rance a ritmo di cakewalk (un genere nato dalla parodia che gli schiavi facevano del modo di incedere e ballare dei loro padroni). Lo spettacolo  di Andreas Dresen si impone, invece, per una regia curata e didascalica che si sposa perfettamente con un impianto scenico attinente e, pur procedendo per sottrazione, descrive con perizia i diversi ambienti (la polka, la capanna a mezzo monte dove tutta sola abita Minnie e la grande selva californiana). Le scene di Mathias Fisher-Dieskau, efficacemente illuminate da Michael Bauer, sono caratterizzate a livello cromatico dal grigio e dal blu. Funzionali infine i costumi di Sabine Greunig.

Anja Kampe brilla per temperamento nel ruolo del titolo. La voce è di buon volume, il fraseggio è curato e la presenza scenica splendida. Dal punto di vista tecnico le si può forse obiettare che la messa a fuoco non sia del tutto ortodossa. Questo tuttavia non ne sminuisce certo la posizione che si è ritagliata meritatamente nel panorama lirico odierno. Il soprano tedesco aderisce, infatti, al ruolo con pertinenza stilistica senza eccedere in effetti espressionistici che soprattutto nel secondo atto (nella topica partita a poker) c’è il rischio che si presentino. Accanto a lei c’è Brandon Jovanovich, un Johnson sicuro vocalmente, la cui dizione italiana può essere perfezionata. Si conferma aitante sulla scena al pari di John Lundgren, cui però si rimprovera un’intonazione a tratti incerta. Eccellente è il nutrito stuolo di comprimari che costituisce il nucleo di minatori che assieme ai tre solisti è protagonista della vicenda. Grande successo di pubblico al termine della recita, trasmessa anche in streaming attraverso il web. La produzione sarà ripresa in luglio nell’ambito del canonico festival estivo con lo stesso cast e lo stesso direttore. Chi può non se la perda perché vale davvero la pena.
Davide Marchetti


Bayerische Staatsoper
Monaco di Baviera | 30 marzo 2019

La Fanciulla del West
opera in tre atti
libretto di Guelfo Civinini e Carlo Zangarini
dal dramma The Girl of the Golden West di David Belasco
musica di Giacomo Puccini


Minnie | Anja Kampe

Jack Rance | John Lundgren
Dick Johnson | Brandon Jovanovich
Nick | Kevin Conners
Ashby | Bálint Szabó
Sonora | Tim Kuypers
Trin | Manuel Günther
Sid | Alexander Milev
Bello | Justin Austin
Harry | Galeano Salas
Joe | Freddie De Tommaso
Happy | Christian Rieger
Larkens | Norman Garrett
Billy Jackrabbit | Oleg Davydov
Wowkle | Noa Beinart
Jake Wallace | Sean Michael Plumb
José Castro | Oğulcan Yilmaz
Un postiglione | Ulrich Reß

 

Bayerisches Staatsorchester
Chor der Bayerischen Staatsoper

 

direttore | James Gaffigan
maestro del coro | Stellario Fagone
regia | Andreas Dresen
scene | Mathias Fischer-Diskau
costumi | Sabine Greunig
luci | Michael Bauer
drammaturgia | Rainer Karlitschek, Lukas Leipfinger

 

#BSOFanciulla

staatsoper.de

ph. © Wilfried Hösl

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