Terminata l’era dei dialoghi e dei riallestimenti delle sale della di Brera e in attesa che Palazzo Citterio possa finalmente diventare l’adeguata sede museale che tutti attendiamo da anni, la Pinacoteca di Brera di Milano torna ad ospitare le opere del Novecento delle Collezioni Jesi e Vitali (a più di un anno dal disallestimento delle vecchie sale precedentemente dedicate al Novecento) grazie al contributo della Marchesa Giovanna Sacchetti. Le sale interessate da questo nuovo “allestimento” (si spera) temporaneo sono, oltre al corridoio d’ingresso dove sono esposte le due grandi terrecotte di Arturo Martini Ofelia del 1934 e Il Bevitore del 1928-1929, due delle Sale Napoleoniche, la IX e la XV, e la Sala XXIII (che già da tempo ospita il magnifico deposito visibile della Pinacoteca). I capolavori novecenteschi di Brera tornano così ad abitare il cuore della Pinacoteca, le Sale Napoleoniche, grazie a due grandi teche, dei veri e propri depositi a vista, che campeggiano dalla scorsa settimana al centro delle Sale; questo nuovo percorso attraverso le collezione del Novecento di Brera si conclude nella Sala XXIII della Pinacoteca, dove nel grande deposito a vista del museo (rinnovato lo scorso anno sempre grazie al contributo della Fondazione Sacchetti) sono esposte tutte le opere di De Pisis della Collezione Jesi, vicino alla celebre Testa di Toro del 1942 di Picasso, a Le guéridon vert devant la fenêtre sempre del 1942 di Braque, al Bue squartato del 1930 di Mafai e a Silver dollar club del 1956 di Afro.
Grazie al generoso contributo della Marchesa Giovanna Sacchetti (a cui è stata assegnata la III edizione della Rosa di Brera) e della Fondazione Giulio e Giovanna Sacchetti, la Pinacoteca di Brera ha potuto nuovamente esporre nelle sue sale i capolavori del Novecento, opere capitali per la storia dell’arte italiana come ad esempio Rissa in Galleria di Boccioni del 1910, Madre e figlio di Carrà del 1917, Natura morta metafisica con squadra di Morandi del 1919 o ancora Cocomero e liquori di Soffici del 1914. Queste opere fondamentali tornano così finalmente ad essere visibili (con tutte le limitazioni dovute all’essere esposte all’interno di teche/deposito) instaurando inaspettati dialoghi con i capolavori cinquecenteschi di Brera.
Non dobbiamo considerare il Ritorno del Novecento a Brera come una mostra e nemmeno come uno dei dialoghi a cui Bradburne ci ha abituati in questi ultimi anni, ma bensì come una soluzione elegante ai “temporanei” problemi di spazio. Con i ritardi accumulati nei lavori e con Palazzo Citterio ancora inagibile James Bradburne ha saputo fare buon viso a cattivo gioco, trasformando un problema potenzialmente grosso dal punto di vista amministrativo ed espositivo in un’interessante opportunità, per iniziare, con i visitatori della pinacoteca un percorso alla riscoperta del patrimonio novecentesco di Brera.
Pinacoteca di Brera
Milano | dal 20 giugno 2019
Il ritorno del 900 a Brera