Christian Thielemann dirige nuovamente Tristan und Isolde nell’ultima ripresa della produzione per la regia di Katharina Wagner. La prima ha riscosso un ottimo successo di pubblico oltre a prevedibili dissensi all’indirizzo della regista (nonché sovrintendente del Festival) che, dopo una veloce apparizione assieme ai suoi collaboratori, si è ben guardata dal riapparire alla ribalta assieme ai solisti e al direttore.
Questo allestimento, realizzato con la collaborazione di Frank Philipp Schlössmann e Matthias Lippert per le scene, Thomas Kaiser per i costumi e Rheinhard Traub per le luci, non ha convinto pienamente sin dal debutto nel 2014. Il primo atto è molto impegnativo dal punto di vista scenico e propone una struttura a più piani collegati tra loro attraverso rampe di scale e ponti elettrici che hanno lo scopo di isolare i protagonisti dal punto di vista spaziale oltre che interiore. Tristan e Isolde sembrano fin troppo coscienti del sentimento che provano l’una per l’altro, e la loro consapevolezza è tradotta in una fisicità che, benché spesso dissimile dalle azioni che il testo suggerisce, è coerente con l’assunto che l’amore tra i due esista, sia maturo vissuto quasi apertamente. Il secondo atto li vede già prigionieri e osservati dall’alto finché la prova del tradimento non sia definitivamente visibile a König Marke. Costume giallo senape, inserto di pelliccia ecologica, cappello vistoso, più che un re sembra un mafioso di periferia; l’incedere distaccato e il passo disinvolto non si sposano col carattere autorevole e dolente che il testo e la musica ne esprimono. Il terzo atto è il più statico, ha luogo in uno spazio quasi completamente buio nel quale Tristan proietta Isolde ovunque e cerca di afferrarla a sé per finire con lo scoprire, suo malgrado, che si tratta di manichini. La scena è arricchita solo da prismi che si trovano a diversi livelli e non hanno una funzione estetica tale da risollevare le sorti di quello che tra i tre atti è il meno riuscito a livello estetico.
La direzione di Christian Thielemann è carica di una dirompente intensità emotiva e grande teatralità e sin dal Vorspiel elettrizza gli spettatori. I tempi celeri, a beneficio dei solisti, poco sollievo apportano a Petra Lang (Isolde). La protagonista, che è comunque professionista di chiara fama, non inizia la recita col piede giusto mostrando un generale affaticamento che cresce via via col procedere del secondo atto. I fiati sono corti, il vibrato insistente e la voce fatica ad espandersi nonostante il fraseggio sia incisivo e le intenzioni espressive apprezzabili. La conclusione dell’opera non è molto felice e si spera che le prossime recite siano più soddisfacenti e si allineino con gli standard qualitativi dei quali la Lang ha dato ampiamente prova nel corso degli anni. Stephen Gould (Tristan), dal canto suo, regge bene i primi due atti e porta a termine il terzo con risultati lodevoli. Considerando il suo essere impegnato anche nelle recite di Tannhäuser, chi scrive si ritiene soddisfatto. Poco rifinita anche se sonora si conferma la Brangäne di Christa Mayer; bravissimo Greer Grimsley (Kurwenal) mentre dolente e accorato vocalmente è l’ottimo Georg Zappenfeld (a dispetto della caratterizzazione scenica a lui riservata dalla regista). Bene tutti gli altri.
Alle recite del 16, del 20 e del 23 agosto prossimi il ruolo di Tristan sarà ricoperto da Stefan Vinke.
Richard-Wagner-Festspielhaus
Bayreuth 1 agosto 2019
Trista und Isolde
musica e libretto di Richard Wagner
Tristan | Stephen Gould
Marke | Georg Zappernfeld
Isolde | Petra Lang
Kurwenal | Greer Grimsley
Melot | Raimund Nolte
Brangäne | Christa Mayer
direttore | Christian Thielemann
regia | Katharina Wagner
scene | Frank Philipp Schlößmann e Matthias Lippert
costumi | Thomas Kaiser
luci | Reinhard Traub
dramaturgia | Daniel Weber
#BFTristan
ph. Enrico Nawrath