In una Venezia ancora ferita dall’Acqua Granda dello scorso 12 novembre, ma che sta reagendo e si sta prontamente rialzando, il Teatro La Fenice di Venezia, apre la sua stagione lirica 2019/2020 nel migliore dei modi, con un trionfale Don Carlo di Verdi, per la regia di Robert Carsen, diretto dal Maestro Myung-Whun Chung, che torna ad aprire la stagione veneziana con un altro titolo verdiano dopo lo splendido Macbeth della scorsa stagione.
Lo spettacolo, che come vi abbiamo anticipato poco fa, è firmato da Robert Carsen è frutto di una coproduzione con i teatri Essen e Strasburgo, dove ha debuttato nel 2016. Carsen non colloca la vicenda in un luogo o in un momento specifico; tutta la scena è infatti ambientata in una opprimente stanza nera, che si trasforma di volta in volta grazie a delle pareti mobili (che calano dall’alto) o grazie all’apertura di porte e finestre. Carsen propone uno spettacolo estremamente cupo e senza speranza, dove l’assoluto potere è in mano esclusivamente al clero, che controlla ogni aspetto della vita della corte (Filippo è solo un burattino nelle mani del Grande Inquisitore e viene presentato vestito come un Pontefice, quasi a sottolineare come “il trono piegar dovrà sempre all’altare!”) e dove sarà un inganno di Rodrigo a capovolgere le sorti dell’intera famiglia reale, lasciando al pubblico non poco amaro in bocca.
Veramente ottima la parte musicale impegnata sul palco per l’occasione a partire dal Don Carlo di Piero Pretti, al debutto nel ruolo e bravissimo nell’interpretare il tormentato Infante di Spagna. Ottima anche la prova di Maria Agresta (Elisabetta) che abbiamo particolarmente apprezzato per la sua struggente interpretazione di “Tu che le vanità”; così come buona è stata la prova di Veronica Simeoni impegnata nel ruolo della perfida principessa Eboli. Ma tra il quintetto dei protagonisti hanno spiccato le ottime prestazioni di Alex Esposito (anch’egli al debutto) che ha tratteggiato un grande Filippo II, prigioniero della sua stessa corona e Julian Kim perfetto nella parte del marchese di Posa infido e calcolatore, applauditissimo dopo la sua “O Carlo, ascolta… Io morrò ma lieto in core”. Bravi anche i vari comprimari a partire da Marco Spotti e dal suo imponente Grande inquisitore; per proseguire poi con Barbara Massaro (Tebaldo), Gilda Fiume (voce dal Cielo), Luca Casalin (Il conte di Lerma) e Leonard Bernad (Il frate). Vero vincitore della serata è stato però il Maestro Myung-Whun Chung (ormai un beniamino del pubblico veneziano) che ha saputo guidare magnificamente i complessi della Fenice, mantenendo una perfetta sintonia tra buca e palcoscenico e riuscendo a sottolineare i momenti più intensi della partitura, contribuendo alla cupa lettura del capolavoro verdiano impostato da Carsen.
Uno spettacolo estremamente potente (sia dal punto di vista scenico che soprattutto da quello musicale) che inaugura nel migliore dei modi la stagione lirica della Fenice.
Davide Marchetti
Teatro La Fenice
Venezia | 30 novembre 2019
Don Carlo
opera in quattro atti
libretto di Joseph Méry e Camille Du Locle
dalla tragedia Don Karlos, Infant von Spanien di Friedrich Schiller
traduzione italiana di Achille De Lauzières e Angelo Zanardini
musica di Giuseppe Verdi
Filippo II | Alex Esposito
Don Carlo | Piero Pretti
Rodrigo | Julian Kim
Il grande inquisitore | Marco Spotti
Il frate | Leonard Bernad
Elisabetta di Valois | Maria Agresta
La principessa di Eboli | Veronica Simeoni
Tebaldo | Barbara Massaro
Il conte di Lerma | Luca Casalin
Un araldo reale | Matteo Roma
Voce dal cielo | Gilda Fiume
Deputati fiamminghi | Szymon Chojnacki, William Corrò, Matteo Ferrara, Armando Gabba, Claudio Levantino, Andrea Patucelli
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
direttore | Myung-Whun Chung
maestro del coro | Claudio Marino Moretti
regia | Robert Carsen
scene | Radu Boruzescu
costumi | Petra Reinhardt
light designer | Robert Carsen e Peter Van Praet
assistente alla regia e movimenti coreografici | Marco Berriel
Allestimento Opéra national du Rhin – Strasbourg e Aalto-Theater Essen
ph. Michele Crosera