La Tosca di Puccini al Teatro alla Scala di Milano

La stagione 2019/2020 del Teatro alla Scala di Milano si è aperta lo scorso 7 dicembre con uno dei più celebri titoli del melodramma italiano: stiamo parlando della Tosca di Giacomo Puccini, ultima Prima della gestione di Alexander Pereira (che a gennaio passerà al Maggio Musicale Fiorentino) e nuovo tassello del percorso di rilettura delle opere di Puccini intrapreso dal maestro Riccardo Chailly con la Scala. Infatti per l’occasione è stata scelta la nuova edizione critica (a cura di Roger Parker) che riprende la versione che debuttò a Roma nel 1900, lievemente differente dalla versione che viene tradizionalmente messa in scena nei teatri di tutto il mondo. Per la regia è stato invece chiamato Davide Livermore, che torna ad inaugurare la stagione scaligera dopo il successo dell’Attila verdiano dello scorso anno, mentre sul palco erano impegnati tra gli altri Saioa Hernandez (Tosca), Francesco Meli (Cavaradossi) e Luca Salsi (Scarpia).

Lo spettacolo ideato da Davide Livermore mantiene l’ambientazione storica nella Roma di inizio Ottocento e non tenta di stravolgere né di alterare la trama e il contenuto. Grazie alle monumentali scene mobili firmate da Giò Forma e alla potenza tecnologica (sfruttata al massimo) del palcoscenico del Teatro alla Scala Livermore è riuscito veramente nell’intento di trasportare lo spettatore all’interno di Sant’Andrea della Valle durante il I atto, a Palazzo Farnese nel II atto e sul bastione più alto di Castel Sant’Angelo nel III e conclusivo atto dell’opera. Sebbene affascinanti (e quasi abbaglianti) queste monumentali scene mobili rischiano (soprattutto nel corso del primo atto) di confondere e distrarre il pubblico, che catturato dai numerosi movimenti delle architetture e dei dipinti rischia di non districarsi e di distrarsi dalla musica e da ciò che avviene in scena. Non possiamo però negare che alcune scene si siano rivelate estremamente affascinanti (oltreché di grande impatto visivo) e dal gusto totalmente cinematografico. Ci riferiamo in particolare ai tre finali d’atto a partire dal magnifico Te Deum del primo atto, passando alla fine del secondo atto, quando dopo aver ucciso Scarpia Tosca, ferma sul proscenio, voltandosi rivede in mezzo al buio del palcoscenico il drammatico momento dell’uccisione del barone; per arrivare al finale del terzo atto, in cui tutta la scena del suicidio di Tosca è resa in rallenty con la grande ala dell’Angelo che sprofondando sotto il palcoscenico vorrebbe ricreare (grazie anche all’aiuto di una controfigura) l’idea del tuffo nel vuoto della diva.
Buono il cast messo in campo per questa prima di stagione con alcuni dei nomi più importanti del panorama operistico dei nostri giorni come Saioa Hernández (che ha sostituito nella recita del 19 dicembre la prevista Anna Netrebko, prima delle sue recite già previste in gennaio e della tournée giapponese del settembre prossimo). Il soprano spagnolo torna sul palco del Piermarini dopo l’Attila dello scorso anno (e prima de Un ballo in maschera e de La Gioconda, previsti in questa stagione) e, al netto della visibile e più che comprensibile emozione (e tensione) per questa sostituzione improvvisa, è stata in grado di offrire al pubblico scaligero un’ottima e sentitissima interpretazione. Ne esce una Tosca innamorata e fragile, che uccide, ma non senza pentimenti. Ottima anche la prova vocale grazie alla sua bella voce vellutata, omogenea in tutti i registri, sicura nel registro acuto, così come ben timbrata in quello grave. Nel ruolo di Mario era impegnato il tenore genovese Francesco Meli, che è tornato ad inaugurare la stagione scaligera dopo la Giovanna d’Arco del 2015. Meli, reduce da una piccola indisposizione (che lo aveva costretto a rinunciare alla recita precedente), ha dato vita ad un temperamentoso Cavaradossi, riuscendo a sfruttare appieno la bella voce lirica e fraseggiando in modo ottimale. Nei panni del Barone Scarpia troviamo impegnato Luca Salsi (che torna ad inaugurare la stagione del Piermarini dopo l’Andrea Chenier del 2017) che ha dato vita ad un’interpretazione autorevole, dal fraseggio minuzioso e cesellato in un repertorio (quello pucciniano) che non è solito affrontare. Il pubblico lo premia con una grande ovazione al termine del secondo atto.

Completano il cast due ottimi comprimari come: Alfonso Antoniozzi (il sagrestano) e Carlo Bosi (Spoletta). Tra le note dolenti della serata dobbiamo segnalare la direzione musicale di Riccardo Chailly che, se da un lato è encomiabile per il lavoro di riscoperta della partitura originale, dando così l’opportunità al grande pubblico di ascoltare la primissima versione del capolavoro pucciniano (e di apprezzarne così ancora di più il percorso che ha portato alla versione definitiva, che oggi normalmente viene eseguita), dall’altro ha proposto una lettura che permette sì agli ascoltatori di apprezzare e scoprire appieno la ricchezza e il dettaglio dell’orchestrazione pucciniana, ma che risulta appesantita nei tempi, rischiando così di mettere in difficoltà gli interpreti impegnati sul palco. Buono come sempre l’apporto del Coro, guidato come di consueto da Bruno Casoni e anche del coro di voci bianche impegnato nel primo atto.
Al termine della recita calorosi gli applausi hanno accolto tutto il cast, in particolare i tre protagonisti protagonisti. Prossimo appuntamento della stagione scaligera 19/20 sarà il Roméo et Juliette di Gounod con Diana Damrau e Vittorio Grigolo nell’allestimento del MET di New York firmata da Barlett Sher.

Davide Marchetti


Teatro alla Scala
Milano | 19 dicembre 2019

Tosca
melodramma in tre atti
libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa
musica di Giacomo Puccini
Floria Tosca | Saioa Hernández
Mario Cavaradossi | Francesco Meli
Il barone Scarpia | Luca Salsi
Il sagrestano | Alfonso Antoniozzi
Cesare Angelotti | Carlo Cigni
Spoletta | Carlo Bosi
Sciarrone | Giulio Mastrototaro
Un carceriere | Ernesto Panariello
Un pastore | Gianluigi Sartori

Con la partecipazione del Coro di Voci Bianche dell’Accademia Teatro alla Scala
Coro e Orchestra del Teatro alla Scala

direttore | Riccardo Chailly
maestro del coro | Bruno Casoni
regia | Davide Livermore
scene | Giò Forma
costumi | Gianluca Falaschi
luci | Antonio Castro
video | D-Wok

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