Un vero peccato entrare in un teatro riempito solo per metà della capienza, tra l’altro per un’opera molto bella e con un cast di notevole interesse. Certo, il titolo non è “acchiappa-turisti” come quelli areniani, ma si tratta pur sempre di Donizetti e di una delle “tre regine”, non di uno sconosciuto titolo contemporaneo in lingua straniera. Forse le sei repliche previste hanno diluito il pubblico su troppe date. Nonostante il teatro non fosse gremito, gli spettatori presenti hanno fatto sentire il proprio calore e l’apprezzamento per una recita davvero ben riuscita, merito soprattutto di un cast di buon livello.
Eccezionale il soprano statunitense Angela Meade, che affronta il pesantissimo ed esigente ruolo di Bolena senza paura, senza incertezze e con una tecnica che le permette di arrivare a fine recita e avere ancora molto da dare nella mad scene che chiude l’opera, dove le spettano praticamente 20 minuti ininterrotti di assolo, sospesa tra un canto trasognato e un’invettiva concitata. La voce solida, il volume ampio (ancor più quando canta direttamente sul proscenio), le scale e le agilità pulite e intonate, molto belli anche i filati e i pianissimi. Riesce da sola a rianimare il finale del primo atto, che mancava un po’ di verve, con un “Giudici, ad Anna!” splendidamente eseguito. Perfetta la resa del recitativo che introduce la grande aria finale dell’opera, grazie anche a una pronuncia e un’espressione molto ben curate, che non lasciano intuire che la cantante non sia madrelingua italiana. Meravigliosa la breve preghiera “Cielo a’ miei lunghi spasimi” che precede lo slancio verso le colorature della cabaletta finale “Coppia iniqua”, eseguita con molte variazioni perfettamente in stile e adatte al momento.
La sua rivale in amore, Giovanna Seymour, è una Raffaella Lupinacci in splendida forma. Al suo ingresso in scena, cattura la nostra attenzione grazie a un abito a sirena, luccicante di paillettes, e un fisico più che adatto a riempire quell’abito. Ma, quando inizia a cantare, ci seduce con una voce dal timbro scuro, a tratti contraltile, eppure al tempo stesso capace di estendersi anche all’acuto senza apparente fatica. Voce di gran volume, a suo agio in tutti i registri, nel secondo atto ci offre un’ottima esecuzione di “Per questa fiamma indomita“, seguita da una cabaletta “Ah! pensate che rivolti” nella quale fa sfoggio anche delle agilità.
Altra interprete particolarmente meritevole è Sofia Koberidze, nel ruolo di Smeton. L’approccio belcantistico, il buon volume, il timbro piacevole e l’emissione vocale curata, controllata ed elegante, ne fanno un’ottima artista che ben interpreta le sue arie “Deh, non voler costringere” e “Ah! Parea che per incanto” con sicurezza e buone agilità. Mentre la componente femminile del cast contribuisce attivamente al successo della recita, la parte maschile fa il suo dovere senza entusiasmare più di tanto.
Antonino Siragusa affronta il ruolo non facile di Percy senza difficoltà: conosciamo la sua voce e sappiamo che anche i ruoli rossiniani più esigenti non lo spaventano. Acuti e agilità non mancano e vengono offerti copiosamente e con grande volume. Forse l’abitudine a Rossini si fa sentire nel gran numero di melismi e agilità che vengono proposte, a discapito del pathos che ci si aspetterebbe in alcuni passaggi. L’aria di sortita “Da quel dì che, lei perduta” è parsa infatti un po’ sterile, se pur ben eseguita. Forse il limitato numero di prove e di recite (per il secondo cast) ha fatto mancare quel coinvolgimento emotivo che avrebbe arricchito l’esecuzione. Negli acuti la voce ha gran potenza e corre in sala, un po’ meno nei centri e nei gravi che hanno un volume meno intenso. Questa disparità tra il canto ‘normale’ e quello ‘spinto’ dà un senso di disomogeneità, specialmente nel primo atto. Molto bene nel secondo atto, invece, l’aria “Vivi tu, te ne scongiuro“, cantata con trasporto e delicatezza, con ottimi legati e pianissimi, quasi con un fil di voce.
Enrico VIII è Alessio Cacciamani. Voce solida e fresca, dal colore non particolarmente scuro, interpreta molto bene un ruolo per cui Donizetti regala al basso dei brani davvero bellissimi. Seppure i gravi a volte siano poco pieni, il registro centrale è corposo e sonoro e a questo si aggiunge una bella presenza scenica e un’ottima pronuncia che giova alla resa drammatica. Bene anche Lord Rochefort (Roberto Maietta): belli il timbro e il colore della voce, pur con un volume non intenso. Molto bene il duetto con il tenore nella scena del carcere nel secondo atto. In crescendo la recita di Manuel Pierattelli (Hervey): al suo ingresso è sembrato in difficoltà con i fiati e l’appoggio, ma risolve per il meglio scaldandosi e rivelando una bella voce e un bel timbro, specialmente nella scena del giudizio nel secondo atto.
Buona la prova del coro, diretto dal M° Francesco Aliberti, specialmente la parte femminile, e la direzione d’orchestra del M° Sesto Quatrini. Il suono non è mai eccessivo, non copre le voci e asseconda i cantanti. Molto bello il delicato preludio in apertura dell’opera. In alcuni momenti è mancato brio alla rappresentazione, come nel finale di scena “Questo dì per noi spuntato” o all’irruzione del Re nelle stanze di Bolena, vivacizzata solo dall’intervento del soprano con “Giudici, ad Anna!”. Pur sapendo l’opinione di alcuni puristi integralisti, mi azzardo a dire che Anna Bolena è a mio avviso un’opera in cui la drammaturgia potrebbe beneficiare di alcuni tagli. Le ripetizioni e i da capo non aggiungono niente alla vicenda né dal punto di vista narrativo né da quello vocale, e forse ancor più le introduzioni musicali alle singole arie, che spengono incredibilmente la narrazione. Per non parlare della durata complessiva, che ne gioverebbe.
Sulla regia di Alfonso Antoniozzi c’è poco da dire, in quanto piuttosto tradizionale e senza invenzioni strane. Buono il movimento dei personaggi in scena e le loro interazioni. La vicenda sembra essere ambientata a metà tra il periodo Tudor (per le scene e il vestito di Anna) e l’epoca moderna (per i tavolini da bar e gli abiti anni ‘30 degli altri personaggi). Non particolarmente coerenti, quindi, i costumi di Gialunca Falaschi. Le scene, semplici e funzionali, sono di Monica Manganelli, che cura anche le videoproiezioni (a mio parere piuttosto inutili e dozzinali).
Tantissimi applausi a fine recita per tutti gli interpreti, nonostante il pubblico in numero limitato, con grandi acclamazioni soprattutto per le due protagoniste che hanno tenuto alto il livello della rappresentazione.
Roberto Cighetti
Teatro Carlo Felice
Genova | 26 febbraio 2022
Anna Bolena
tragedia lirica in due atti su libretto di Felice Romani
musica di Gaetano Donizetti
Anna Bolena | Angela Meade
Enrico VIII | Alessio Cacciamani
Giovanna Seymour | Raffaella Lupinacci
Lord Riccardo Percy | Antonino Siragusa
Smeton | Sofia Koberidze
Lord Rochefort | Roberto Maietta
Sir Hervey | Manuel Pierattelli
Orchestra, Coro e Tecnici del Teatro Carlo Felice
Maestro concertatore | Sesto Quatrini
Maestro del Coro | Francesco Aliberti
Regia | Alfonso Antoniozzi
Scene e videodesign | Monica Manganelli
Costumi | Gianluca Falaschi
Coreografa | Luisa Baldinetti
Luci | Luciano Novelli
Allestimento in coproduzione con Teatro Regio di Parma