Come da tradizione ormai consolidata, l’Opernhaus Zürich ospita ogni stagione una produzione costruita intorno a Cecilia Bartoli. Quest’anno tocca all’Italiana in Algeri nell’allestimento di Salisburgo firmato da Moshe Leiser e Patrice Caurier.
Gianluca Capuano, dal podio, mantiene inalterato l’approccio originario di Jean-Christophe Spinosi, purtroppo o per fortuna (a seconda dei gusti). Caratterizzata da suoni secchi, poco legato in genere, presenza insistente del fortepiano con interventi talvolta interessanti talvolta fastidiosi, la tendenza ad affidare Rossini a direttori di astrazione barocca è una prassi sempre più diffusa che vede spostare l’asse dell’attenzione sempre più sull’aspetto strumentale (spesso a discapito di quello vocale). Passi per titoli desueti o ruoli ineseguibili, dove magari l’abbassamento dell’accordatura può favorire solisti in difficoltà, ma quando il casting è fatto con criterio (come in quest’occasione) non occorrono mezzucci; si tratta pertanto a tutti gli effetti di una scelta estetica più o meno condivisibile. La direzione di Capuano è comunque molto ben calibrata a l’attenzione a garantire l’equilibro con il palcoscenico (soprattutto nel finale primo) è impeccabile.
La regia di Leiser e Caurier è innegabilmente coinvolgente. Gli spettatori mostrano di gradire ridendo ed applaudendo ininterrottamente per tutta la recita. Alcune trovate si rivelano chiassose (gli schiamazzi degli inquilini disturbati dal canto di Lindoro subito prima di <<Contenta quest’alma>> o confusionarie (la stretta del finale primo, dove l’overacting è evidente) ma non c’è un solo gesto che non sia coerente con la frase musicale in cui si svolge (a cominciare dal vano tentativo da parte di Elvira di sedurre il distaccato consorte Mustafà nel corso dell’Ouverture). Le scene di Christian Fenouillat sono funzionali all’ambientazione algerina contemporanea (fatta sia di interni che di esterni), così come i costumi di Agostino Cavalca. Ottimo il disegno luci di Christophe Forey, che dopo il grigiore del Macbeth pomeridiano dello stesso giorno, è davvero una boccata d’ossigeno.
Nel ruolo del titolo c’è come detto Cecilia Bartoli che, a dispetto delle riserve in merito alla tecnica non ortodossa ed allo stile spesso personale, è una diva nel senso proprio del termine. Ha carisma da vendere, riesce ad accomodarsi la parte come meglio ritiene (belle le variazioni del rondò <<Pensa alla patria>>), è abile fraseggiatrice e del pari ottima attrice. Riesce ad essere persino seducente nel secondo atto nel corso della cavatina <<Per lui che adoro>>, cantando tutto in una vasca da bagno ricolma di schiuma. Trionfo per lei con ripetute chiamate al termine. Non per cadere in facili entusiasmi, ma anche i colleghi schierati sono uno migliore dell’altro e quasi competono l’un altro per dimostrare la propria bravura. Lawrence Brownlee (Lindoro) ha una sortita elettrizzante e un’ottima cavatina <<Oh come il cor di giubilo>>, Pietro Spagnoli è un Mustafà sorprendente (che speriamo di riascoltare presto in questo ruolo), Nicola Alaimo un Taddeo esilarante e dalla vocalità imponente. Bravissimi anche Ilya Altukhov (Haly), l’inossidabile Rebeca Olvera (Elvira) e Siena Licht Miller (Zulma).
Ottima la prova del coro maschile diretto da Ernst Raffelsberger; applausi prolungati al termine della recita e bis del finale.
Opernhaus Zürich
Zurigo | 20 marzo 2022
L’Italiana in Algeri
dramma giocoso in due atti
musica di Gioachino Rossini
libretto di Angelo Anelli
Isabella | Cecilia Bartoli
Mustafà | Pietro Spagnoli
Lindoro Lawrence Brownlee
Taddeo | Nicola Alaimo
Haly | Ilya Altukhov
Elvira | Rebeca Olvera
Zulma | Siena Licht Miller
Orchestra La Scintilla
Chor der Oper Zürich
Statistenverein am Opernhaus Zürich
direttore | Gianluca Capuano
regia | Moshe Leiser, Patrice Caurier
scene | Christian Fenouillat
costumi | Agostino Cavalca
luci | Christophe Forey
video designer | Étienne Guiol
maestro del coro | Ernst Raffelsberger
dramaturg | Kathrin Brunner, Christian Arseni
ph. Monika Rittershaus