un ballo in maschera; Giuseppe Verdi; Teatro Comunale Modena; Samaritani

Un ballo in maschera di Verdi in scena a Modena

Dopo una giornata di corsa e stressante, sedersi a teatro per questo Ballo in maschera è una coccola, già a partire dalla sinfonia, in cui senti l’abbraccio avvolgente degli archi che suonano il tema dell’amore. Il sipario si apre su una scena grandiosa, monumentale, che sembra uscire da un dipinto seicentesco. Un po’ mozzafiato, per chi come me non aveva mai visto questo allestimento del 1989, creato da Pierluigi Samaritani per il Teatro Regio di Parma. Le bellissime scene, con i fondali dipinti (che potere incredibile possono avere!) e i costumi, anch’essi ideati da Pierluigi Samaritani, sono stati integrati e arricchiti dalla regia di Massimo Gasparon e dalle luci di Andrea Borelli. Il regista che riprende il lavoro di Samaritani si mantiene fedele allo stile e integra l’atto secondo, le cui scene sono andate perse, con un orrido campo che è orrido al punto giusto: le nere silhouette degli alberi nodosissimi si stagliano tra la nebbia, davanti ai ruderi di una chiesa, inevitabilmente gotica, illuminata dalla pallida Luna. La cura dei personaggi e della loro resa scenica è stata buona, con un buon lavoro sull’interpretazione e sui movimenti. Forse il battibecco tra il giudice e Oscar nel primo atto è stato reso in modo un po’ troppo scherzoso, con l’introduzione di qualche gag, ma può essere che in realtà alleggerire lo spirito nel primo atto serva a preparare il passo a un cambio di tono ancora più marcato, man mano che la vicenda si fa sempre più cupa e drammatica. Bellissima la luce che filtra dalle finestre del palazzo nel primo atto e nel salotto di Renato nel terzo, contribuendo ancor più a sottolineare la somiglianza tra il palcoscenico e un dipinto a olio. 

Il cast vocale è di alto livello. Giorgio Berrugi è un Riccardo convincente. Voce dal timbro scuro, brunita. Tutto il registro acuto è molto sicuro e il canto, in generale, viene affrontato quasi senza sforzo, come fosse parlato. Ottima la canzone del ‘finto marinaio’ nell’antro della maga, nella quale riesce a trasmettere il significato di ogni parola. Buone le dinamiche, i piani e forti  Berrugi in questa cantata coinvolgente sembra portarci con sé nella sua barca. Commovente il duetto “Non sai tu che se l’anima mia” nel secondo atto. Sfoggia un canto educato, sempre sul fiato, e un’interpretazione di grande pathos nel terzo atto in “Ma se m’è forza perderti”, aria nella quale ancora una volta dà senso e significato a ogni frase del complesso libretto. Mai incline ad eccessi o storpiature. Il volume non è enorme, ma più che adatto al teatro e a reggere l’intera opera senza doversi risparmiare nei primi atti.
Il Renato di Devid Cecconi è magistrale. Voce corposa, acuti saldissimi e sempre a fuoco. Sfoggia un’emissione salda ed elegante nella bellissima aria “Eri tu” del terzo atto. Amabile anche il successivo terzetto “Dunque l’onta”. La qualità del canto si sente anche in momenti più concitati come il terzetto “Odi tu come fremono cupi” che il tempo molto ritmato e veloce porta quasi al limite del rap. Una maggiore interpretazione dal punto di vista scenico e attoriale contribuirebbe a renderlo ancora più coinvolgente. Amelia è interpretata da Maria Teresa Leva. Acuti affilatissimi, precisi, ma voce al tempo stesso delicata ed eterea. Si dimostra anche una buona interprete, restituendo una Amelia genuina nella sua angoscia per un amore impossibile. Risulta un poco intubata all’inizio dell’atto secondo, ma si risolleva poco dopo e regala delle belle note di petto. Il registro grave c’è, si sente, e lo usa benissimo in “Morrò, ma prima in grazia”, di cui ci regala un’interpretazione delicata e soave, quasi commovente.

Lavinia Bini (Oscar) ha una voce sonora e squillante. Applauditissima dal pubblico, ha un registro centrale corposo, non filiforme come i soprani leggeri-soubrette. L’interpretazione è simpatica e vispa, come durante l’aria in difesa di Ulrica (“Volta la terrea”). Molto bene anche le agilità e il controllo del fiato, che le consente di tenere senza problemi le lunghe frasi musicali ‘saliscendenti’, come nel terzo atto a casa di Renato e Amelia. Ulrica (Alisa Kolosova) ha una bellissima voce, capace negli acuti quanto nei gravi. Non risparmia neppure la voce di petto. Interpreta e dà significato al testo del libretto, cantando in modo coinvolgente, pure con buon volume. Molto affascinante la scena del rito spiritico, con il seducente intreccio di corpi che circondano la maga. La sua frase “per man d’un amico”, quando predice la morte a Riccardo, fa venire i brividi lungo la schiena.

Bravissimi anche i giovani interpreti di Tom e Samuel (rispettivamente Gaetano Triscari e Svetolik Belosliudov). Voci dotate di gran volume, corpose e piene. Buona la dizione e la presenza scenica. Notevole soprattutto quella di Triscari, sia per sonorità sia per il bel colore scuro. Bene il giudice (Paolo Leonardi), dalla bella voce, con dizione chiara, e dall’interpretazione simpatica.  Interessante il marinaio Silvano (Chao Liu), voce dal timbro piacevole e molto sonora. Buono anche il servo di Amelia (Luca Favaron). Molto apprezzata la direzione del M° Alessandro d’Agostini che guida l’orchestra Filarmonica di Parma in un’interpretazione vigorosa ma senza strombazzamenti né eccessivo fragore. Bellissimo il concertato finale del primo atto. Prova molto buona anche per il Coro Lirico di Modena, nei vari momenti dell’opera, in particolare la componente maschile durante le ironiche risate del finale del secondo atto. Belli anche i balletti di Agora Coaching Project, adatti all’ambientazione e al momento musicale. Inquietante e disturbante al punto giusto la danza con le maschere bifronti, nell’ultimo atto.

Numerosi e calorosi gli applausi a fine opera, ma anche a scena aperta durante tutti gli atti. Applausi meritatissimi per questo allestimento d’altri tempi, valorizzato da un cast eccezionale e da una regia rispettosa.

Roberto Cighetti


Teatro Comunale Pavarotti-Freni
Modena | 3 marzo 2023

Un ballo in maschera
melodramma in tre atti su libretto di Antonio Somma
da Gustave III, ou Le bal masqué di Eugène Scribe
musica di Giuseppe Verdi

Riccardo | Giorgio Berrugi
Renato | Devid Cecconi
Amelia | Maria Teresa Leva
Ulrica | Alisa Kolosova
Oscar | Lavinia Bini
Silvano | Chao Liu
Samuel | Svetolik Belosliudov
Tom | Gaetano Triscari
Un giudice | Paolo Leonardi
Un servo | Luca Favaron

Filarmonica di Parma
Coro Lirico di Parma

direttore | Alessandro d’Agostini
maestro del coro Giulia Manicardi
regia | Massimo Gasparon
da un’idea di Pierluigi Samaritani
scene e costumi | Pierluigi Samaritani
luci | Andrea Borelli
danzatori | Agora Coaching Project
a cura di MM Contemporary Dance Company

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