La Juive di Halévy apre la stagione del Teatro Regio di Torino; Stefano Poda

La Juive di Halévy apre la stagione del Regio di Torino

Negli scorsi giorni si è alzato il sipario sulla nuova stagione lirica del Teatro Regio di Torino con il debutto della nuova produzione di una rarità (almeno per i teatri italiani) come La Juive di Fromental Halévy, diretta dal maestro Daniel Oren, mentre la regia è stata affidata a Stefano Poda, che torna a lavorare al Regio di Torino dopo la Turandot del 2018.

Come di consueto Stefano Poda si è occupato di ogni aspetto della messinscena (dalla regia alle scene, passando per luci, costumi e coreografie), proponendo uno spettacolo sontuoso, articolato e visivamente complesso, con numerosi richiami e spunti di riflessione, riproponendo però tutti gli stilemi che caratterizzano i suoi spettacoli e che abbiamo imparato a riconoscere in questi anni. Purtroppo a differenza di altre volte qui lo spettacolo sembra funzionare con meno fluidità e soprattutto nella seconda parte la vicenda sembra affogata dai troppi elementi che popolano la scena. Poda utilizza appieno la dimensione e la tecnologia del palcoscenico del Teatro Regio, muovendo in continuazione parti del palco, in modo da andare a ricreare di volta in volta scenari completamente differenti. La lettura dell’intera vicenda pone idealmente a confronto la tragica vicenda di Rachel con la storia di Cristo; infatti lungo tutto lo spettacolo ai protagonisti fa quasi sempre da contraltare una sorta di sacra rappresentazione della Passione. Le imponenti scene mobili sono state sovrastate per tutta la durata dell’opera dalla scritta al neon Tantum religio potuit suadere malorum proveniente dal De rerum natura di Lucrezio e che ben condensa il senso che il regista ha voluto dare allo spettacolo, condannando gli estremismi religiosi come grande male per l’umanità. Per quanto riguarda i costumi, a farla da padrone sono i contrasti cromatici tra bianco, nero e rosso, colori che vanno a caratterizzare le parti in lotta tra di loro, identificandole in modo simbolico. 

Passando alla parte musicale, l’orchestra del Teatro Regio, guidata dal maestro Oren, offre un’ottima tenuta, considerando anche la notevole lunghezza della partitura. Daniel Oren aveva già diretto in due occasioni La Juive e dimostra di conoscere a fondo quest’opera, che, a dispetto di qualche taglio, qui propone in una versione piuttosto completa. Oren offre dell’opera una lettura molto particolare, in cui a farla da padrone sono i tempi dilatati e meditativi, con recitativi cesellati, quasi ci trovassimo di fronte ad un’opera sacra, in piena sinergia con il tema portante della drammaturgia: il conflitto religioso. Di ottimo livello l’apporto fondamentale del Coro del Teatro Regio di Torino preparato dal M° Ulisse Trabacchin.

Anche il versante vocale ha riservato piacevoli sorprese, a cominciare dall’esaltante prova di Gregory Kunde nei panni di Éleazar. Il tenore americano si è trovato a Torino per la prima volta nella sua carriera a debuttare questo impervio ruolo e l’ha fatto con estrema precisione, grande musicalità, ottima proiezione vocale e sicurezza nel registro più acuto e profondità interpretativa, riuscendo a cesellare recitativo dopo recitativo, dando così ad ogni parola grande forza drammatica. L’attesa aria del quarto atto Rachel, quand du Seigneur non lo trova impreparato e gli vale una lunghissima e meritata ovazione da parte del pubblico. Al fianco di Gregory Kunde, in un altro difficile ruolo dalla complessa vocalità, c’era Mariangela Sicilia che interpretava Rachel, figlia di Éleazar. In questa parte che sollecita tutti i registri vocali, da quello più grave a quello più acuto, il soprano calabrese ha dimostrato maturità artistica e vocale, riuscendo a superarne tutte le insidie, grazie ad un fraseggio prezioso e a sfumati veramente toccanti. All’interno di quest’opera è presente un altro soprano, Euxodie, principessa e nipote dell’imperatore, qui interpretata da Martina Russomanno. Il giovane soprano lombardo sfoggia baldanza interpretativa insieme a voce cristallina e buon virtuosismo. Non solo due soprani, ma anche due tenori tra i protagonisti di questa grand-opéra. Oltre ad Éleazar anche Léopold/Samuel, il principe che tradisce la fiducia della giovane Rachel, ha voce tenorile ed era qui interpretato dal giovane Ioan Hotea. Il tenore rumeno, dotato di voce leggera e timbrata, si è trovato ad affrontare un’altra parte temibile e ha portato a termine con intelligenza la difficile sérénade del primo atto. Convincente la prova del basso Riccardo Zanellato qui impegnato nei panni del Cardinal Brogni a cui presta voce sonora e pastosa. Buona la prova anche dei comprimari coinvolti, a partire da Gordon Bintner (Ruggiero), per continuare con Daniele Terenzi (Albert), Rocco Lia (un araldo), Leopoldo Lo Sciuto (un ufficiale), terminando con Lorenzo Battagion e Roberto Calamo (uomini del popolo). 

Al termine della recita il pubblico del Teatro Regio di Torino ha tributato all’intero cast calorose ovazioni, ma un applauso va anche a nostro parere alla direzione del Teatro per la coraggiosa scelta di aprire la stagione con un titolo come La Juive. Prossimi appuntamenti della stagione lirica del Regio saranno Un mari à la porte di Offenbach (in scena dal 6 ottobre) e La bohéme di Puccini (in scena dal 29 ottobre).


Teatro Regio
Torino | 24 settembre 2023

La Juive
Grand Opéra in cinque atti
musica di Fromental Halévy
libretto di Eugène Scribe

Rachel | Mariangela Sicilia
Éléazar | Gregory Kunde
Eudoxie | Martina Russomanno
Léopold | Ioan Hotea
Brogni | Riccardo Zanellato
Ruggiero | Gordon Bintner
Albert | Daniele Terenzi
Un araldo | Rocco Lia
Un ufficiale dell’imperatore | Leopoldo Lo Sciuto
Un uomo del popolo | Lorenzo Battagion
Un’altro uomo del popolo | Roberto Calamo

Orchestra e Coro del Teatro Regio Torino

direttore | Daniel Oren
regia, scene, costumi, coreografia e luci | Stefano Poda
regista collaboratore | Paolo Giani Cei
maestro del coro | Ulisse Trabacchin

 

 


ph. Andrea Macchia | Teatro Regio di Torino

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